Le mummie con effetti speciali, con i faraoni in riva del Po

Il nuovo Museo Egizio di Torino che è stato inaugurato con il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini è anche un che omaggio alla comunità mondiale degli egittologi si aprono le porte alla decifrazione dei geroglifici. E’ previsto un tutto esaurito fino a Natale. Nel 1824 Jean Francois Champollion, il primo decifratore di geroglifici, scrisse che «la strada per Menfi e Tebe passa da Torino». Esattamente 33 minuti di treno da Milano e dall’Expo. Ogni reperto rimanda agli altri reperti, ai luoghi d’origine, ad altri siti europei. Ed è una giostra a 360 gradi perché attorno alle vetrine non ci si impala ma si gira: divinità, sarcofaghi, scarabei e monili sono garantiti in versione tridimensionale. Nella galleria dedicata ai sarcofaghi decorati, durante i lavori sono stati rintracciati sotto vari strati di intonaco affreschi ottocenteschi con animali: è sola una delle tante sorprese. Sarà un successo in tutto il mondo, dice convinto il ministro Franceschini: “Siete riusciti a trasformare una visita in esperienza». Aggiunge che questo è un modello per molte città e per molti musei italiani: un allestimento oltre la vetrina, «perché non tutti riusciamo a vedere con gli occhi degli archeologi». Opera ciclopica, impossibile sulla carta ma realizzata anche rompendo l’assurdo tabù che impedisce la collaborazione fra pubblico e privato. In Italia non esiste un Louvre. L’Italia è un insieme di musei che vanno nutriti con i fondi del territorio. Però i bambini stiano sereni: le mummie non le hanno tolte. Sono solo esposte con il rispetto che si deve ai resti antropomorfi.

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