25 Aprile: Festa della Liberazione, tra storia, televisione e scrittura…

“Non mi sono smarcato da nulla e nessuno. Non ho rilasciato interviste o fatto dichiarazioni sul tema. Penso che il Presidente Meloni abbia messo fine ad ogni possibile speculazione sulla vicenda Scurati pubblicandone il testo. Il ‘pericolo fascista’ torna sempre per le elezioni”. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha smentito con un post su X il retroscena di Repubblica secondo il quale, appunto, si sarebbe “smarcato” dalla presunta censura di Antonio Scurati in Rai.

La ricostruzione è basata su una conversazione che Crosetto avrebbe avuto con interlocutori non solo anonimi, ma rispetto ai quali manca anche il contesto. Ciononostante è stata considerata dal quotidiano diretto da Maurizio Molinari abbastanza solida da dedicarle il titolo di apertura. “Scurati scuote la destra”, vi si legge, mentre il sommario recita: “Fuori dal tempo certi dirigenti Rai”. L’argomento impegna tutta la pagina 3, sotto il titolo: “Ma Crosetto si smarca. ‘Censura fuori dal tempo la tv pubblica impoverita da certi dirigenti’”.

Alla fine Antonio Scurati il discorso sul 25 aprile lo ha letto. Non in un programma della Rai, dove lo ha pronunciato la conduttrice Serena Bortone, ma alla festa di Repubblica a Napoli. Un momento contrassegnato da un lungo applauso finale, una standing ovation dei presenti nel cortile d’onore del Palco reale e il grido dalla platea “Viva l’Italia antifascista”. Durante la lettura del testo l’autore di M ha anche inserito qualche “fuori programma”, come li ha definiti. “Pensavo che la Rai fosse anche mia, del resto è di tutti, è dello Stato italiano – ha detto Scurati nella successiva intervista sul palco – ma alla fine mi hanno detto ‘tu non entri‘, come un ospite indesiderato. Si è perso il senso di democrazia in questo Paese”. Scurati dice di non voler “essere e fare la vittima”, è la premessa di ogni risposta. “Non posso trovarmi in questa posizione di eroe della democrazia, non voglio fare il paladino” ripete. Anzi: “Mi sono innervosito dopo che in seguito al post della Meloni sono stato costretto a fare una replica. Ma io non voglio fare la vittima”, ha spiegato. Più avanti dice che non se la sente proprio di “passare per l’eroe della libertà d’espressione: vorrei uscire da qui fumarmi una sigaretta e mangiarmi una pizza”.

“Quando un leader politico di tale carisma, come sicuramente è la presidente del Consiglio Meloni, che ha un seguito molto vasto, nel cui seguito da qualche parte là sotto, vista anche la storia politica da cui proviene, c’è sicuramente qualche individuo non estraneo alla violenza, probabilmente non molto equilibrato, quando il capo punta il dito contro il nemico e i giornali, o meglio i ‘giornasquadristi’ fiancheggiatori del governo ti mettono sulle prime pagine, con il titolo sotto ‘l’uomo di M.’, ti disegnano un bersaglio intorno alla faccia. Poi magari qualcuno che mira a quel bersaglio c’è. Succede, è già successo”. Più precisamente a scrivere “l’uomo di M.” – con l’ambiguità che il lettore potrà capire tra il titolo della saga di cui è autore Scurati – è stato Libero, con relativo editoriale di Mario Sechi, in cui ha definito Scurati un “censurato immaginario” e “scrittore-partigiano a gettone”.

Quanto poi al merito della questione – che si è persa nella polemica della censura della Rai e al quale alla fine la premier non ha mai risposto – lo scrittore spiega perché la seconda parte del suo discorso era rivolta proprio alla presidente Meloni. “Mi attengo alla superficie visibile delle cose, non c’è bisogno di dietrologie, leggo la storia di queste persone, tendo ad adottare come romanziere una prospettiva storica sugli eventi. Sembra semplicissimo, vediamo da dove viene, dalla militanza giovanile nel Movimento sociale italiano fondato da Almirante e Romualdi, i servi degli aguzzini tedeschi, i massacratori, i fucilatori“. E, continua, “il loro motto è sempre stato non rinnegare, non restaurare. Un motto al quale ancora oggi ci si attiene. Ecco direi che è così”. Scurati giura di non essere “ossessionato” dal tema fascismo (“Ho scritto 11-12 libri e non c’è mai un riferimento al fascismo, ho anche altri interessi”), non c’è niente di “personale”. Viceversa, ribadisce, “sono loro che non vogliono dire quella parolina e che non vogliono fugare le ombre e recidere quel legame. Le ombre camminano con loro“.

Il problema reale è che tutti, oggi, si dichiarano ‘antifascista’, ovvero, anti-del-nulla, visto che i fascisti sono relegati nelle piaghe della storia e, nel mondo reale di oggi, non se ne ha nota.

Scurati sostiene che “gli avversari della democrazia liberale, della democrazia compiuta e matura, sono già qui, in alcuni Paesi già governano. I nemici o gli avversari della democrazia liberale non marciano su Roma, ci arrivano vincendo le elezioni. Poi erodono le basi della democrazia liberale con le riforme, a volte censurando qui o lì, ma magari attraverso una riforma costituzionale. Però noi progressisti non dobbiamo avere paura, perché la paura è la passione politica della destra sovranista. Non aspettate il ritorno delle squadracce fasciste – è il richiamo dello scrittore – E’ mia opinione che la democrazia corra dei rischi da parte di leader e movimenti che hanno un largo seguito popolare e che ritengono superata, inetta, vecchia e corrotta la democrazia liberale, così come noi l’abbiamo conosciuta e come si esprime nel nostro Parlamento, garantito dalla nostra Costituzione”.

A Scurati viene chiesto qual è il modo per difendere la libertà d’espressione. Qui l’effetto è un po’ straniante perché le domande vengono poste anche dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari che non più tardi di due settimane fa ha bloccato un articolo sgradito all’editore e mandato al macero 100mila copie di Affari e Finanza. Non è la Rai, non è una testata pubblica, la controparte non è il premier, ma il contesto non aiuta a delimitare i confini del dibattito sulla libertà d’espressione. Ad ogni modo a Scurati tocca una risposta “politica” e la risposta è questa: “Non c’è modo migliore per imparare l’arte della parola libera che esercitarla. Ce la possiamo fare anche noi a tenere la testa alta. Non ho ricette su come difendere la parola o formule magiche o preghiere da insegnare a nessuno, penso che tutti noi dobbiamo ritrovare il gusto, l’ebbrezza, la vertigine della parola franca e libera e del parlare e della politica, di tentare di risolvere problemi collettivi con mezzi collettivi e non ridurre tutto a questioni personali“.

Ma la parola, oggi, ha perso la sua funzione primaria di informazione ed è diventata un proiettile, uno strumento di offesa per colpire l’altro, non per spiegare e farsi capire. Usare  la Rai quasi fosse  un’azienda di processo, facendola diventare un’azienda di prodotto,  dal contenuto, non informativo,  ma politico.

Nella 99esima puntata di Viva Rai2 Fiorello si occupa nuovamente del caso Scurati in Rai,  Lo showman scherza sulla vicenda: “Si parla di faida in Rai, la faida dei TeleMeloniani. Noi tutti siamo TeleMeloniani – scherza apertamente – Sono questi, eccoli schierati: Giampaolo Rossi, direttore generale, Paolo Corsini che è il direttore dell’Approfondimento Rai, Angelo Mellone che invece è direttore del genere Intrattenimento/Day Time, e Gianmarco Chiocci, direttore del Tg1. Posso dire? Sono tutti fighi! Il cerchio magico. Sono abbonati all’Istituto Luce, mica a Tu-dum (con riferimento a Netflix, ndr)”.

Ironia di Fiorello anche sulla vicenda di Marco Liorni e la sua sbavatura a L’Eredità, con la frase sull’oro della patria fascista, che molti hanno interpretato come un elogio inducendo il presentatore a un video di chiarimento: “A proposito, è successo qualcosa a Liorni. Ha fatto un’affermazione in diretta che poi è stata ampiamente criticata, e poi ha puntualizzato sui social “Sono antifascista”, ma tutti lo siamo – Fiorello poi tende delle parole di conforto per il collega – Hanno attaccato Liorni, ma come si fa? Cioè, la classifica delle persone più buone è questa: Dalai Lama, Madre Teresa e Liorni al terzo posto. Perdonali Marco, non sanno cosa fanno”.

L’ironia di Fiorello su Giorgia Meloni e il 25 aprile

Torna poi un classico del glass di Fiorello, ovvero l’agenda di Giorgia Meloni: “Ecco l’agenda Meloni, fresca fresca. Questa la prima pagina: Giorgia Premier, con cuore mi raccomando. Premier Giorgia, Giorgia Premier, viva la Premier; insomma, le piace il suo lavoro!” – ironizza lo showman, per poi cimentarsi nella lettura delle ‘priorità del Governo’ – Ecco i punti: ascoltare la registrazione del Dalai Lama che legge il monologo Scurati; oscurare uno scrittore a caso di destra per sembrare democratici; spostare la Bortone a La prova del cuoco, ma non c’è più, quindi solo spostarla; mandare una scatola di peperone crusco alla Schlein; guardare a loop Basilicata Coast to Coast. Poi, guardate che appuntamento: appuntamento dal logopedista per riuscire a dire la parola “antifascista” in vista del 25 aprile. La Russa neanche se lo addormentassimo ce la farebbe! Alle ore 17.15, come d’abitudine, chiamare Macron e dire ‘sai chi ti ascolta?’”.

Finale ideale, che è spostare nel gioco una tragicità pratica che consiste nell’adattare alle proprie finalità, sempre e comunque, realtà vere, presunte o immaginarie.

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