Vaticano, cardinale Becciu a processo: accuse di peculato e abuso d’ufficio

Mai, almeno nella storia recente della Chiesa, un cardinale si era trovato a dover rispondere in un tribunale della Santa Sede perche’ accusato di peculato e abuso d’ufficio. Angelo Becciu, fino ad un anno fa potente sostituto alla Segreteria di stato vaticana e successivamente estromesso da ogni incarico per volonta’ di Papa Francesco, sara’ sottoposto a processo a partire dalle prossime settimane per il caso della compravendita di un immobile di lusso nel cuore di Londra. In particolare gli inquirenti indicano nella stessa Segreteria di Stato e nell’Istituto Opere Religiose le parti danneggiate. Becciu inoltre sara’ il primo porporato ad essere processato secondo le nuove regole stabilite proprio da Bergoglio con il motu proprio dello scorso 30 aprile, nel quale stabili’ che Il Tribunale vaticano di primo grado sarebbe stato da quel momento in poi competente anche per i processi riguardanti cardinali e vescovi, i cui giudizi non sarebbero stati piu’ di sola competenza della Corte di Cassazione (presieduta da un cardinale).

Quella del palazzo di Sloane Avenue, un immobile di gran valore posto nella parte piu’ ricca della capitale britannica, viene giudicata nelle cinquecento pagine di carte visionate dall’AGI “un’operazione speculativa imprudente e irragionevole” che ha visto all’opera faccendieri, finanzieri, avvocati e figure femminili per creare un danno molto rilevante alle casse vaticane, dalle quali era uscito un flusso di denaro proveniente direttamente o indirettamente dall’Obolo di San Pietro. Dai soldi, vale a dire, che ogni anno giungono alla Chiesa grazie offerte dei fedeli, che li destinano a opere di carita’. Becciu viene accusato anche di aver tentato di intimidire un teste chiave, di aver usato la sua posizione per spingere ad operazioni finanziarie non certo attinenti alla missione della Chiesa Cattolica, di aver invaso il campo riservato all’Apsa (l’ente per l’amministrazione del patrimonio immobiliare del Vaticano), di aver usato fondi per spese personali o di aver coperto le spese personali di Cecilia Marogna, definita amministratrice di una societa’ con sede in Slovenia finanziata dalla stessa Segreteria di stato. Centinaia di migliaia di euro provenienti dalla cassaforte sempre della Segreteria di Stato sarebbero stati fatti giungere a una cooperativa il cui rappresentante legale era il fratello, Antonino Becciu.

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