Governo di scopo e ‘nuovi’ programmi elettorali e ‘politici’

‘Ho sentito telefonicamente i principali esponenti di tutti i futuri gruppi parlamentari per un confronto utile all’individuazione dei Presidenti delle Camere che dovranno essere votati a partire da venerdì prossimo. È il primo passo necessario per far partire questa legislatura e voglio che tutto avvenga nella massima trasparenza soprattutto nei confronti dei cittadini che attendono un Parlamento capace di dare risposte ai problemi reali del Paese’,  così Luigi Di Maio sul blog delle Stelle dove dice di aver sentito prima Maurizio Martina, Renato Brunetta, Giorgia Meloni, Pietro Grasso e poi anche Matteo Salvini.

Presidenti a parte, per la formazione di un nuovo governo, vista l’attuale legge elettorale, con nessun partito che abbia raggiunto la soglia del 40 per cento di preferenze, l’unica  soluzione possibile, e ragionevole, potrebbe essere quella di un governo di scopo che metta mano ad una nuova riforma elettorale per tornare ad elezioni nel giro di un anno e mezzo, massimo due. Questo vorrà dire altri ventiquattro mesi di campagna elettorale con segretari di partito, ed esponenti vari,  che verranno ospitati nei salotti televisivi per quella che è, oggi, la  normale dialettica politica: tutti contro tutti con  discorsi su programmi elettorali più o meno fantascientifici, elaborati col solo scopo di prendere qualche voto in più.

In realtà i programmi elettorali dei partiti,  e  le politiche che ne seguiranno, dovrebbero tornare a individuare fatti concreti e a spiegare come risolverli con discorsi precisi e circostanziati.

Ricordiamo, ad esempio,  che il costo dei beni di prima necessità è aumentato esponenzialmente. Il lavoro, giovanile e non solo,  è ridotto in condizioni pietose. Quali soluzioni, possibili e percorribili, è necessario adottare per cambiare questa situazione?. La piccola e media impresa, da sempre il nostro vero volano economico, rischia una recessione peggiore dell’attuale. Come aiutarla?.

Nel nostro Paese, la lunga recessione derivante dalla crisi del 2008 ha appesantito le preesistenti debolezze strutturali ed ha comportato anche un aggravamento delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito. Tuttavia, se la stentata ripresa economica è, in gran parte, ascrivibile ad altre cause, non v’è dubbio che l’aumento della divaricazione nella distribuzione dei redditi sia stato sua volta, oltre ad una  conseguenza della crisi, anche una concausa non trascurabile delle difficoltà della crescita.

Nei prossimi anni, oltre all’azione destinata stimolare gli altri fattori dello sviluppo, saranno indispensabili incisivi interventi del Governo volti realizzare una sostanziale perequazione dei redditi.  Questa linea di politica economica, rilanciando la domanda interna stimolando gli investimenti, migliorerebbe il funzionamento del mercato potrebbe fornire un contributo determinante allo scioglimento dei numerosi legacci facilitano il permanere della deflazione. Sul piano sociale, ne conseguirebbe un consistente ripristino della fiducia nel futuro del senso di appartenenza al Paese da parte degli strati sociali più colpiti dalla lunghissima crisi.

Viviamo in un Paese economicamente avanzato in cui, similmente agli Usa e alla Gran Bretagna, una parte minuscola della popolazione dispone di una quota sempre maggiore della ricchezza; una società in cui la ricchezza controlla la maggior parte del potere politico ed economico in cui cultori del libero mercato ostacolano qualunque tentativo di porre rimedio alle divaricazioni sociali derivanti dall’iniquità nella distribuzione del reddito.

E’ questa una delle cause fondamentali tra quelle che, unitamente al degrado delle periferie, hanno alimentato il populismo ed allontanato cittadini dalla politica, con il rischio di far deflagrare definitivamente il collante sociale, ormai ridotto al lumicino.

Dal prossimo Governo il Paese si attende un rilancio della speranza, un nuovo orizzonte cui tendere.  Non   si   tratta   di   eliminare   completamente   le   diseguaglianze, quanto  di   ridurre   le   enormi differenze di reddito che separano il 2% più ricco della popolazione dal restante 98%; e non si tratta neanche di stabilire l’assoluta eguaglianza delle ‘opportunità di partenza’, quanto di migliorarne l’estensione, rimettendo in funzione l’ascensore sociale, nel nostro Paese bloccato da almeno un trentennio.

Proporre soluzioni politiche credibili ed attuabili richiederà la formazione di gruppi di persone, deputate allo studio di urgenti questioni legate ad ogni ambito locale,  fino a coprire l’intero territorio nazionale. Ciò che ne risulterà, in termini di  sintesi,   andrà a scrivere, come naturale conseguenza, il programma che quel partito e quegli esponenti presenteranno ai cittadini per farsi eleggere.  Il politico serio non promette vantaggi per qualcuno sì e per qualcuno no, ma problemi e metodi di risoluzione per il benessere di tutti.

Sarà difficile trovare, oggi,  altri annunci spot a cui la gente creda con facilità visto che diffidenza, sospetto e rancore covano nell’animo degli italiani.

Gli italiani, moralmente stanchi, chiedono programmi  meno spettacolari ma frutto di un’analisi seria e posata. Forse è proprio questo il modo per far tornare  l’ormai scomparsa passione per la politica.

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