Di Maio: Non ho fatto da prestanome a mio padre per salvarlo da Equitalia

“Io non sapevo che era un reato stare in una piscina in pvc”. Luigi Di Maio risponde così alle accuse che gli sono piovute addosso dopo alcune foto che lo ritraevano, ancora ragazzo, in una piscina nella azienda del genitore dopo lʼinchiesta sul lavoro nero a “Quarta Repubblica”.
Il capo politico del M5S ha poi cercato di cambiare il tiro sull’azienda di famiglia. “Oggi mio padre si è preso le sue responsabilità anche pubblicamente, mettendoci la faccia. Io metterò in liquidazione l’azienda e quindi per quanto mi riguarda quella azienda che non stava lavorando da un anno, non lavorerà più. Ora basta però possiamo anche finirla qui”. Di Maio ha precisato, con insistenza, che lui non facesse da prestanome per salvare il padre dalla centrifuga di Equitalia. “I guai con Equitalia li ha avuti, perché gli hanno ipotecato il terreno. Quindi qual è il prestanome?”, si chiede il vice presidente del consiglio. Che aggiunge. “Lui ha chiuso la sua azienda perché aveva troppi debiti, perché non aveva pagato e non riusciva a pagare dei soldi che doveva. Ma se c’era l’esigenza di un prestanome mi dovete spiegare perché a mio padre hanno ipotecato terreni, un edificio, un altro terreno. Quindi lui non ha sottratto allo Stato i beni che il creditore voleva aggredire, anzi sono stati aggrediti”.

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