Paolo Signorini, ex ad di Iren, non risponde davanti al Gip nell’interrogatorio di garanzia

L’ex presidente dell’authority portuale e ad (sospeso) di Iren Paolo Emilio Signorini si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Genova Marassi, nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto anche Giovanni Toti, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e atti contrari ai doveri d’ufficio. E c’è anche l’ipotesi di finanziamento illecito nell’indagine della Procura di Genova: l’accusa, che non è contestata nella misura cautelare, al momento riguarda il consigliere di amministrazione di Esselunga Francesco Moncada e Maurizio Rossi, l’editore della testata Primocanale.

“Le carte sono tali che impongono una lettura attenta. Una lettura che non può essere fatta in carcere. Signorini sta abbastanza bene al di là della situazione ha una sua tranquillità. Ha detto solo che, in una seconda fase, potrebbe eventualmente parlare con il pubblico ministero”, ha riferito l’avvocato Enrico Scopesi dopo l’interrogatorio di Signorini. “Signorini ritiene di poter fornire una serie di spiegazioni ma difficilmente lo si può fare in una situazione di carcerazione – continua Scopesi – Confido che si possa risolvere e affrontare il problema della carcerazione. Perché la priorità è adesso chiarire la misura cautelare, farlo uscire da Marassi. Ha confermato la disponibilità di parlare eventualmente in un secondo momento”. L’ ad (sospeso) di Iren è “relativamente tranquillo nel contesto della vicenda alluvionale che gli è capitata e rispetto a dove si trova adesso – ha concluso Scopesi -. Gli atti sono tali e tanti che vanno letti e verificati. È troppo presto. Bisogna interpretarli, ma vale per tutti i casi, e ci sono telefonate di quattro anni fa, estrapolate dai contesti, che vanno valutate”.

Tra Genova e Roma si intrecciano le comunicazioni tra i capi politici liguri di LegFratelli d’Italia e Forza Italia – Edoardo Rixi, Matteo Rosso e Carlo Bagnasco -, e le direzioni romane. Al momento emerge sintonia tra gli alleati sul modo di procedere. La parola d’ordine è tenere in vita la giunta regionale, al cui comando c’è il vice Alessandro Piana (Lega). La speranza è che Toti riesca a chiarire la sua posizione, ottenere la revoca dei provvedimenti cautelari e riuscire a tornare al comando. La seconda parola d’ordine è attendere gli sviluppi dell’inchiesta. Nessuno degli alleati chiede le dimissioni del presidente ma se dalle carte dovessero emergere elementi tali da dovere considerare una eventuale richiesta di un passo indietro di Toti, la scelta sarebbe comunque indicata da Roma.

In caso di un prolungamento dei provvedimenti cautelari e dell’impossibilità di Toti di tornare nel suo ufficio in Regione, si prosegue comunque con il reggente. “Se c’è la fiducia della giunta e della maggioranza sono chiamato ad andare avanti”, ha dichiarato Piana. In caso di dimissioni di Toti, invece, cadranno la giunta e il consiglio e si andrà alle elezioni, anticipate di un anno rispetto alla scadenza del 2025: in quel caso ci sarebbe un periodo di reggenza con Piana al comando.

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