Le europee e la personalizzazione della politica  

La politica italiana aveva due scelte: la visione o la scorciatoia. Sicuramente tutti hanno capito che ha scelto la seconda. La visione prevede una serie di progetti chiari e precisi, un’idea di Europa per i prossimi anni, una squadra di candidati preparati e competenti e soprattutto all’altezza della funzione da svolgere. La scorciatoia è comoda come si può ben  immaginare: personalizzazione della politica, candidature di facciata dei leader per poi dimettersi. Un esempio per tutti, la Premier ha messo il suo nome nel simbolo per riaffermare se stessa nel rapporto con gli elettori. E questo è la facciata dietro la quale si nasconde l’intento politico di vincere sugli oppositori e sugli alleati di governo, ma ha poco da fare con l’Europa. Un vero e proprio referendum sulla sua persona e sul governo che guida. Anche all’opposizione non cambia il metodo. La Schlein si candida come capolista al centro e nelle isole, nonostante il consiglio di Romano Prodi di astenersi. Lo stesso vale per Calenda. Il tutto finalizzato a raccogliere consensi qui ma non per andare in Europa. Tornando alla maggioranza, per Forza Italia si candida Tajani, mentre Salvini rinuncia e candida il generale Vannacci, personaggio estemporaneo, portatore di idee vetuste, campione della “ normalità “. Lo potremmo definire un “nostalgico”? O un furbacchione?  Certo che noi italiani siamo stati capaci di inventare l’Europa ma anche il teatro comico. Le elezioni europee per i partiti e per i loro leader sono una grande prova, ma possono diventare presto una grande illusione. Chi non ricorda il 40% di Renzi nel 2014 o il 34% di Salvini? Oggi entrambi hanno una percentuale ad una cifra. Parlare di Europa Unita significa superare materialmente e spiritualmente i confini delle Nazioni, perché a questo pensarono Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi  in quel di Vendotene. Erano idee partorite da visionari? Tutti però ad oggi abbiamo visto dove ci hanno portato le scorciatoie.
Andrea Viscardi

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