Mondadori, Berlusconi dovrà pagare 541 milioni a De Benedetti

La terza sezione civile della Cassazione ha confermato la sentenza di condanna ai danni della Fininvest da parte dei giudici milanesi, e dovrà versare  un risarcimento alla Cir di De Benedetti, in relazione al Lodo Mondadori. La cassazione ha avallato le conclusioni dei giudici del merito, accogliendo solo uno dei motivi di ricorso presentati dalla società del Biscione, accoglimento che ha come conseguenza una lieve riduzione del risarcimento, quantificata in 46,5 miliardi delle vecchie lire, circa 23 milioni di euro. Questo è quanto emerge dalle fonti ufficiali.  La somma, quindi, dovrà essere detratta dal risarcimento a favore di Cir stabilito dalla Corte d’Appello di Milano, che era pari a 564,2 milioni di euro. In primo grado, invece, tale cifra era stata molto più alta: il giudice Raimondo Mesiano aveva stabilito un risarcimento pari a 749,9 milioni di euro.

Cassazione: Berlusconi responsabile di corruzione. Per l’ex presidente del consiglio arriva una nuova tegola: il Cav è imputabile per fini civilistici. “La valutazione complessiva” degli “elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini civilistici, di ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo imputabile anche al dott. Berlusconi”, risulta “correttamente motivata”. La Suprema Corte sottolinea inoltre che la vicenda penale del Lodo Mondadori si è ormai “irrevocabilmente” conclusa per Silvio Berlusconi, che è stato prosciolto per prescrizione.

De Benedetti, acclarata gravità scippo subito. “Prendo atto con soddisfazione che dopo più di 20 anni viene definitivamente acclarata la gravità dello scippo che la CIR subì a seguito della accertata corruzione di un giudice da parte della Fininvest di Berlusconi, il quale, a quel tempo, era ancora ben lontano dall’impegnarsi in politica”, afferma Carlo De Benedetti. “La spartizione del Gruppo Mondadori-Espresso – sottolinea De Benedetti – avvenne a condizioni per me molto sfavorevoli per un grave motivo che all’epoca nessuno conosceva. Ci sono voluti sei gradi di giudizio, tre penali e tre civili, per arrivare a questa inappellabile decisione”. “La cifra definita – aggiunge – è importante, ma occorre tener conto che essa è composta per meno di un terzo dal danno riconosciuto e per più dei due terzi dal semplice meccanismo di interessi e inflazione dovuto ai vent’anni trascorsi. Questo percorso l’ho compiuto in solitaria e desidero ringraziare gli avvocati e i consulenti che a suo tempo ho scelto per la collaborazione che mi hanno sempre fornito. Questa cifra – prosegue De Benedetti – è destinata alla CIR e non a me, neanche indirettamente, avendo recentemente donato ai miei tre figli il controllo del Gruppo”. “A me – conclude – rimane la grande amarezza di essere stato impedito, attraverso la corruzione, di sviluppare quel grande gruppo editoriale che avevo progettato e realizzato. Avrò modo di ritornare sull’argomento”

Cassazione, Previti ‘delegato’ a corruzione toghe. Secondo la Corte “l’avvocato Previti doveva ritenersi organicamente inserito nella struttura aziendale” della Fininvest “e non occasionalmente investito di incarichi legali conseguenti alle incombenze demandategli”. E tra queste rientravano “anche l’attività di corruzione di alcuni magistrati, allo scopo di conseguire illeciti vantaggi” per la Fininvest.

Lodo Mondadori: partita chiusa dopo 20 anni. Con la sentenza di oggi la Cassazione ha messo la parola fine a una partita aperta più di vent’anni fa con al centro la cosiddetta ‘Guerra di Segrate’, ossia lo scontro, avvenuto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per assicurarsi il controllo di uno dei maggiori gruppi editoriali italiani, soprattutto dopo che nel 1989 la Mondadori aveva acquistato l’Editoriale L’Espresso e il controllo di Repubblica, di una catena di quotidiani locali e di importanti settimanali come Panorama, L’Espresso, Epoca. Il lodo arbitrale sul contratto Cir-Formenton è del 20 giugno 1990. La decisione fu presa dai tre arbitri, Carlo Maria Pratis (Presidente), Natalino Irti (per Cir) e Pietro Rescigno (per la famiglia Formenton), incaricati di dirimere la controversia tra De Benedetti e Formenton per la vendita alla Cir della quota di controllo della Mondadori, promessa a De Benedetti e poi venduta all’asse Silvio Berlusconi/Leonardo Mondadori. Il lodo era favorevole alla Cir e dava a De Benedetti il controllo del 50,3% del capitale ordinario Mondadori e del 79% delle privilegiate. Berlusconi perse la presidenza, da poco conquistata, e al suo posto si insediò il commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribunale come gestore delle azioni contestate. Nel luglio del ’90 la famiglia Formenton fece ricorso. Il 24 gennaio 1991, la Corte d’Appello di Roma, presieduta da Arnaldo Valente e composta dai magistrati Vittorio Metta e Giovanni Paolini, dichiarò che, dato che una parte dei patti dell’accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir era in contrasto con la disciplina delle società per azioni, era da considerarsi nullo l’intero accordo e, quindi, anche il lodo arbitrale. La Mondadori sembrò così tornare nelle mani di Berlusconi. Dopo alterne vicende di carattere legale e dopo l’approvazione della legge Mammì, nell’aprile 1991, con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, Fininvest e Cir-De Benedetti raggiunsero un accordo: la transazione in sostanza attribuì la casa editrice Mondadori, Panorama ed Epoca alla Fininvest di Berlusconi, che ricevette anche 365 miliardi di conguaglio, mentre il quotidiano La Repubblica, il settimanale l’Espresso e alcune testate locali a Cir-De Benedetti. Questa transazione è al centro del risarcimento chiesto in sede civile (complessivamente un miliardo) dalla holding della famiglia De Benedetti alla luce della sentenza penale con cui nel 2007 il giudice Vittorio Metta, l’avvocato di Fininvest Cesare Previti e gli altri due legali Giovanni Acampora e Attilio Pacifico sono stati condannati definitivamente per corruzione in atti giudiziari. La Cassazione sei anni fa aveva confermato l’ipotesi delle indagini avviate dalla Procura di Milano: la sentenza del 1991 della Corte d’ Appello di Roma sfavorevole a De Benedetti fu in realtà comprata corrompendo il giudice estensore Metta con 400 milioni provenienti da Fininvest. Tesi quest’ultima contestata dalla società di Berlusconi secondo la quale dei tre giudici che annullarono il Lodo Mondadori nel 1991 due ”avevano condiviso” la sentenza di annullamento ”in piena autonomia”. In primo grado il giudice civile Raimondo Mesiano, il 3 ottobre 2009, aveva condannato Fininvest a versare alla controparte quasi 750 milioni di euro per danni patrimoniali ”da perdita di chance” per un ”giudizio imparziale”. Il 9 luglio 2011 la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Milano che aveva però ridotto l’entità del risarcimento a 564,2 milioni di euro. Oggi la Suprema Corte ha confermato la condanna di due anni fa con ancora un lieve ritocco al risarcimento: circa 23 milioni in meno.

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