Coppie gay e sentenza Consiglio di Stato

‘La sentenza del Consiglio di Stato sulle trascrizioni da parte dei Comuni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero ripristina la legalità violata, dando ragione alla battaglia di Angelino Alfano e di chi, come lui, opponendosi alle registrazioni comunali intendeva far rispettare la legge. Ma soprattutto questa sentenza ha smentito e bocciato la manovra di chi aveva ritenuto possibile la legalizzazione delle nozze gay, sostituendosi di fatto al Parlamento, attraverso la registrazione presso i Comuni. Grazie ad una sentenza del Consiglio di Stato, è stato ribadito un principio fondamentale, stabilito dal nostro ordinamento, e cioè che la famiglia è quella naturale formata da persone di sesso diverso’,   dichiara il presidente dei senatori di Area popolare Ncd-Udc, Renato Schifani. L’unione civile è il termine con cui si indica l’istituto giuridico, diverso dal matrimonio, comportante il riconoscimento giuridico, organico e complessivo, della coppia di fatto,  finalizzato a stabilirne diritti e doveri. In Italia tale istituto giuridico non è stato disciplinato positivamente dal legislatore. La coppia di fatto, anche omosessuale, quale formazione sociale, trova riconoscimento nell’articolo 2 della Costituzione italiana,  secondo cui la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. La coppia di fatto, in quanto tale, gode di limitati e reciproci diritti e doveri. L’unione di due persone, secondo l’ordinamento giuridico italiano, trova pieno riconoscimento solo attraverso il matrimonio, istituto accessibile alle sole persone celibi ed inaccessibile alle coppie dello stesso sesso. L’Italia non ha una legge sulle unioni civili. Tuttavia le coppie di fatto, eterosessuali, ma anche omosessuali, hanno diritti e doveri. Sono state presentate molte proposte di legge sulle unioni civili, nessuna della quali è ancora diventata legge. Il tema dell’unione civile è molto legato a quello del matrimonio e a quello del matrimonio omosessuale, e l’opinione che una persona ha su questi due argomenti influenza decisamente quello che la stessa persona pensa dell’unione civile. Il punto di partenza giuridico è la definizione del modello di famiglia che una persona adotta, a partire dall’art 29 della  Costituzione della Repubblica Italiana,  ove si parla di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. L’art. 29 della Costituzione ed il codice civile, dove descrive diritti e doveri dei coniugi, non menzionano esplicitamente la diversità di sesso di coloro che intendono. È presumibile che la Costituzione non ne parli perché all’epoca della sua stesura e della sua entrata in vigore, 1º gennaio 1948, per quanto scritta con lungimiranza, ritenesse tale requisito implicito, al punto da non dover neppure essere espresso nel testo. Per anni, giuristi, teorici e giudici hanno ritenuto che i due requisiti minimi, ancorché implici, del matrimonio, fossero due: ‘La diversità di sesso dei nubendi e la volontà di sposarsi da parte di entrambi.’ Interpellata in merito alla costituzionalità di alcuni articoli del Codice Civile che, di fatto, a causa della terminologia utilizzata, impediscono il matrimonio tra individui dello stesso sesso, la Corte costituzionale ha emesso una sentenza nella quale le unioni civili sono chiaramente chiamate in causa. Dichiarando inammissibili e non fondati i due ricorsi sollevati dal Tribunale di Venezia e dalla Corte d’Appello di Trento, fine dei quali era il riconoscimento del matrimonio civile tra individui dello stesso sesso, la Consulta ha chiarito alcune questioni legate a tale argomento. Avendo definito, da parte del legislatore, la mancanza dell’obbligo di estendere alle coppie omosessuali la possibilità di accedere all’istituto del matrimonio la Consulta ha affermato che, nonostante ciò, le coppie omosessuali devono comunque vedere soddisfatta l’aspirazione all’accesso a determinati diritti. Così, i giudici, spiegano il concetto: ‘L’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone, nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri’. Escludendo che la realizzazione di tali aspirazioni possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio.

Cocis

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