Lavoro, salario minimo divide maggioranza e sindacati. L’ipotesi

Il salario minimo spacca la maggioranza e i sindacati. La questione – tra le principali sul tavolo del confronto di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi tra il premier Mario Draghi e le parti sociali – vede, da una parte, l’asse M5S-Pd-Leu, con la sponda della Cgil, favorevole a un aumento delle retribuzioni; dall’altra Confindustria, Cisl e la destra che, fortemente contrari alla misura, rimarcano la linea secondo la quale il salario minimo va definito nei contratti e non per legge.

Secondo le stime del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico una soglia legale a 9 euro lordi comporterebbe aumenti retributivi per quattro milioni di lavoratori. Una proposta che ricalca quella già presentata (ma poi non andata in porto) dall’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo.

M5s

“È certamente un bene riaprire il dialogo sull’introduzione del salario minimo, stabilendo, altresì, i criteri per identificare i contratti leader, in modo da eliminare il dumping contrattuale, così come prevede il disegno di legge a prima firma dell’ex ministro Catalfo, depositato al Senato – sottolineano in una nota i senatori M5s della commissione Lavoro –. Le parole di ieri del commissario europeo Schmit sulla necessità di intervenire in tal senso rappresentano una conferma importante. Sui salari dignitosi stiamo giocando una partita fondamentale, perché oltre a determinare maggiore equità e giustizia sociale, favoriscono una leale concorrenza tra le imprese, presupposto indispensabile per una ripartenza economica che non può reggersi sullo sfruttamento del lavoro e sull’assenza di sicurezza”.

Di tutto altro avviso il il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. “Vedo l’ipotesi di un tavolo tra Confindustria e sindacati in modo molto positivo. Non bisogna mai dimenticare la genesi del perché si parla del salario Minimo in Europa e perché si vuole introdurre una regolamentazione per quei Paesi che hanno una bassa contrattazione collettiva nazionale e contro un dumping salariale – ha spiegato oggi Bonomi nel corso dell’assemblea dell’associazione degli Industriali di Varese a Malpensa –. Noi riteniamo che da noi i minimi salariali sono già all’interno dei contratti collettivi e non nascondiamo che ci sono alcuni settori dove le paghe sono molto basse. È giusto intervenire su quei casi dove i minimi sono molto bassi. La strada è quella di inserire i contratti per quei settori che ora sono sprovvisti anche perché se io guardo quello che è il salario minimo di cui oggi si parla, cioè i 9 euro lordi, e prendo il contratto collettivo dei metalmeccanici che quello che si prende a riferimento, il terzo livello, che è quello che si prende normalmente a riferimento come benchmark, è di 11 euro. Se prendo in esame anche il livello più basso è di 10 euro». Quindi noi lo abbiamo già (il minimo salariale), e gli stessi sindacati in questi giorni dicono che non è quella la strada perché il rischio è quello della fuga delle aziende dalla contrattazione collettiva. Un esempio di questo ci viene da Ita”. Intervenuto sullo stesso tema ieri il presidente di Confindustria aveva evidenziato la tendenza delle imprese a uscire dalla contrattazione collettiva nei Paesi dove è stato inserito il salario minimo. “Questo – ha detto Bonomi – non è nell’interesse dei lavoratori. Dobbiamo andare a colpire i contratti pirata, che vengono fatti da chi non ha rappresentanza e fanno dumping salariale. Lì dobbiamo lavorare insieme”.

Cisl

Sulla stessa linea di Confindustria il segretario della Cisl, Luigi Sbarra. “Non è con la legge sul salario e sull’orario che noi sconfiggiamo il dumping contrattuale, al contrario temo che un salario minimo darebbe la stura a tantissime aziende di uscire dai contratti e peggiorerebbe la vita di milioni di lavoratori – ha affermato ieri Sbarra in occasione di ‘Futura 2021’ –. Aver irrigidito il mercato del lavoro con riforme invasive è l’errore più grave che ha fatto il legislatore in questi anni. Con l’illusione che attraverso il Reddito di cittadinanza si creassero milioni di posti di lavoro. Governo e Parlamento devono capire fino in fondo questa lezione e rinunciano di arrivare in gamba tesa nelle dinamiche delle relazioni industriali, che devono restare in autonomia nel perimetro del confronto negoziale e contrattuale”.

“Il salario minimo è importantissimo, serve per poter riequilibrare le retribuzioni all’interno dell’Europa, cercando di fare ancora di più mercato unico – ha ribattuto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà –. Occorre sedersi al tavolo e l’Italia può avere un grandissimo ruolo, mettendo al tavolo insieme Confindustria e sindacati. È questo che vuole fare il M5S”.

Lega

Nelle prime linee sul fronte dei contrari è schierata la Lega. “Per la Lega la priorità rimane il lavoro e per parlare di salari minimi o massimi bisogna prima tagliare le tasse alle imprese. Se non ci sarà un forte taglio delle tasse è ipocrita parlare di salario minimo” ha detto il leader della Lega Matteo Salvini.

Se, come ribadito dall’Ocse, il problema in Italia è rappresentato essenzialmente dal cuneo fiscale-contributivo la cui riduzione nel Paese viene auspicata senza successo da anni, l’introduzione del salario minimo sembra andare nella riduzione opposta. Secondo i calcoli svolti in occasione della presentazione del ddl Catalfo dai consulenti del Lavoro in uno specifico approfondimento di giugno 2019 – riportato dal Sole 24 Ore –  l’introduzione di un salario minimo a 9 euro lordi l’ora per tutti i lavoratori comporterebbero un aumento del costo medio del lavoro non inferiore al 20%. Nel dettaglio sotto la soglia dei 9 euro lordi l’ora si indicavano tre milioni di lavoratori privati a cui aggiungere i lavoratori dei settori domestico (864mila) e una parte del settore agricolo (350mila).

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