Il Pd ammette la sconfitta ma Renzi difende la sua leadership: ‘Chi è il leader del Pd lo decidono le primarie. Non le correnti e neanche Di Maio’.

La minoranza interna non mette in discussione la segreteria  ma il tema della costruzione di una coalizione larga,  e la possibilità che il candidato premier non sia Renzi,   agita il Pd. Il confronto tra i Dem si terrà lunedì 13 in direzione. Ma a sinistra un incontro tra Giuliano Pisapia e Pietro Grasso riapre i giochi per la costruzione di un’alternativa.

‘Il centrosinistra tra il 2012 e il 2017 ha perso 6 punti punti percentuali passando dal 37% del 2012 al 31% di oggi. E questo è un giudizio negativo che il popolo siciliano ha espresso nei confronti del governo Crocetta. Il centrodestra invece che allora era diviso con due candidati Musumeci e Miccichè non si è mosso, sommati erano al 41%, e cinque anni dopo sono sulla medesima soglia’,  dice il candidato del centrosinistra Fabrizio Micari ai cronisti intervenendo in conferenza stampa nella sede del comitato elettorale: ‘Cinque anni fa, quando è stato eletto presidente Crocetta, il candidato della sinistra Giovanna Marano ha preso il 6,1%. Oggi Fava ha preso, secondo i dati che abbiamo, il medesimo risultato. Dunque sommando il risultato di Crocetta e della Marano il centrosinistra allora era quindi al 37% oggi, che è diviso, è al 31.  L’altra volta si è diviso il centro destra e ha vinto Crocetta questa volta si è diviso il centro sinistra e ha vinto Musumeci. Questo dimostra che chi resta unito vince’.

‘L’ipotesi di primarie di coalizione con Mdp e con Grasso per me non esiste. E’ una discussione surreale. Anche nel centrodestra non ci sarà nessun candidato premier’, afferma Renzi che si sfoga con i suoi dopo il tonfo del Pd in Sicilia.  Il Pd raccoglie il 13,2% dei voti che, in seggi, saranno pari, circa, ai 17 seggi (13,4%) presi dal Pd di Bersani quando si votò 5 anni fa.

La linea del segretario Pd resta che  il candidato premier si deciderà dopo le elezioni e non prima. Il problema è che Renzi scarta la possibilità di confrontarsi  in primarie di coalizione, con Mdp: ‘Quelli ci odiano, che senso ha? E per fare cosa? Abiurare tutto?!’.

Lorenzo Guerini vuole mediare: ‘Io sono per fare un accordo, programmatico e politico, con tutti, centristi e sinistra, altrimenti dovremo fare l’intera campagna elettorale in nome del voto utile’. I renziani ‘puri’   non ci stanno: ‘Matteo è il leader, punto’. Renzi si tiene in posizione mediana: ‘Sono pronto da domani ad aprire il confronto con i possibili alleati. Io la mia leadership non la voglio imporre a nessuno’.

 Renzi non teme che, in Direzione, già convocata per il 13 novembre, Orlando e Franceschini, leader delle aree interne da tempo in guerra  contro di lui,  gli tirino brutti scherzi.  E’ tranquillo perché, come ripete, ‘I numeri, in Direzione, li ho io. Vogliono sfiduciarmi? Auguri!’.

Per Renzi il ‘Rosatellum’ non prevede la figura del candidato premier. Il centrodestra non lo ha. Volete che non sia io per il centrosinistra?. Facciamo così: se il Pd va male e altre forze di sinistra molto bene saranno loro a indicare a Mattarella un altro nome del Pd. Gentiloni? Delrio? Vedremo. Se invece il Pd resterà forte, come dicono tutti i sondaggi, sarò io.

Domenica 12 novembre si terrà la convention nazionale di Campo progressista: sul palco saliranno, con Pisapia, forse la Bonino, di certo la Boldrini  e forse persino Grasso. Dal palco la proposta che Pisapia farà al Pd sarà questa: ‘Se Renzi accetta di non essere più lui il dominus del centrosinistra bene, ma deve farsi da parte e cedere lo scettro a Gentiloni o altri, altrimenti ognuno per la sua strada. Noi andremo da soli cercando di arrivare al 3% con l’idea forte di un Ulivo bis. Anche Mdp dovrà decidere da che parte stare’.