La minoranza Pd promette battaglia sulla scuola ma Renzi suona la carica

Dul fronte interno la minoranza Pd continuaa far sentire la sua voce: “Il presidente del Consiglio ci deve dire se il suo progetto prevede l’allontanamento definitivo dal popolo democratico”, dice Stefano Fassina. La sinistra interna ha innalzato la sua Maginot intorno al Ddl sulla scuola al Senato. Lo spiega Walter Tocci: “Non basta correggere i singoli punti, la legge deve essere proprio riscritta”. Tra i vari emendamenti, la minoranza dem propone di stralciare le assunzioni e proseguire in commissione il più complesso lavoro di riscrittura della legge. Di fronte a tutto questo, il premier però non appare intenzionato a indietreggiare: “In politica c’è chi urla e spera che tutto vada male. E c’è chi quotidianamente prova a cambiare le cose, centimetro dopo centimetro, senza arrendersi alle difficoltà”. Così, prima cosa, conferma la riunione della Direzione per lunedì alle ore 21, a fronte delle richieste della stessa minoranza di rinviare a dopo i ballottaggi: “Sono io il primo a dire che bisogna chiarirsi”.  Al Senato, secondo i renziani, spazio per grandi aperture non ce ne sono: “Sulla scuola se si volevano fare cambiamenti si facevano prima delle regionali, non certo dopo.  L’Italicum è legge, e non si tocca. E cambiare le riforme istituzionali significa ammazzarle, perchè nemmeno un patto di ferro nel Pd può evitare che vengano seppellite da emendamenti del M5S. Sul fronte Nazareno, il ritornello è lo stesso:”Le regole interne ci sono, sono quelle volute da Bersani”, si sottolinea con un richiamo a quella parte dello Statuto che già prevede conseguenze per chi non segue le decisioni prese dal partito. Lunedì, infatti, non ci sarà all’Odg alcuna modifica statutaria o espulsioni dei dissidenti. Lo chiarisce anche Matteo Orfini: “Il gruppo di lavoro che si sta occupando della riflessione sul partito, compreso il tema delle primarie, porterà un documento alla prossima Assemblea. Poi si aprirà una fase di consultazione alle feste dell’Unità per arrivare ad un testo che verrà votato all’Assemblea di fine anno”. La conclusione dei renziani è secca: “L’area del dissenso si restringerà, come avviene sempre quando in mezzo si mette la vita del governo”. Alludendo, alla fine, al più potente dei deterrenti: le urne.

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