DIARIO DI CELLA 7: LA FOLLIA DI EMANUELE DE MARIA. L’ERRORE CLAMOROSO DI UN MAGISTRATO NON PUÒ ESSERE PAGATO DA TUTTI I DETENUTI

Scritto di Gianni Alemanno e pubblicato nel rispetto delle norme dell’Ordinamento.

Rebibbia, 13 maggio 2025 – 132″ giorno di carcere.

Emanuele De Maria, un detenuto ammesso al lavoro esterno al carcere, ha ucciso una donna e ferito un suo collega, per poi suicidarsi gettandosi dalle logge del Duomo di Milano. Ovviamente esplode tutta la retorica del giustizialismo più superficiale: un detenuto condannato in via definitiva a soli 14 anni per l’omicidio di una donna che torna a commettere lo stesso gravissimo reato, dopo essere stato rimesso libertà a meno della metà della pena. Ecco i risultati del permissivismo di chi vuole mettere facilmente in libertà i detenuti in nome della rieducazione! Come è stato possibile? Buttiamo la chiave! Devono morire in carcere! Osserviamo meglio la realtà, senza un buonismo che certo non ci appartiene, ma anche senza la superficialità di chi vuole raccogliere voti, ma non risolverà mai nessun problema perché non perde tempo a studiarlo. Non conosciamo ovviamente gli incartamenti relativi a De Maria, ma sappiamo solo una cosa: era finito in carcere per aver ucciso una prostituta. Un assassino di prostitute, il più gratuito e assurdo dei femminicidi! Il caso più classico dei serial killer! Chi è quel magistrato di sorveglianza che ha commesso questo clamoroso errore giudiziario, mettendo rapidamente in libertà un soggetto simile? Chi erano l’educatore e lo psicologo che hanno redatto le “sintesi trattamentali”, ovvero le relazioni tecniche propedeutiche a ottenere questo beneficio? Ne sapevano qualcosa di criminologia e di storia del crimine? In realtà esiste, qui nel carcere, un preciso punto del codice d’onore interno: chi ha fatto violenza contro una donna o contro un bambino non ha diritto neppure ad entrare in un reparto, viene immediatamente respinto da tutti gli altri detenuti, E, infatti, in tutti i carceri esiste uno speciale reparto riservato a questi soggetti e isolato da tutto il resto del carcere E l’unico modo per preservare gli stupratori, gli autori di femminicidi, i pedofili, i molestatori e i maltrattatori di donne e bambini, dal rischio di veri e propri linciaggi. Quindi i detenuti, tutti i detenuti d’Italia, sanno quello che il magistrato che ha liberato De Maria evidentemente non sapeva: che quando una persona giunge all’abiezione di prendersela con una donna o con un bambino dà prova di una perversione e di una infamia che non può non essere duramente colpita. E, allora, il clamoroso errore di quel magistrato che ha messo in libertà De Maria, dopo pochi anni di carcere e a fronte di una sentenza incredibilmente mite (quando nei Tribunali italiani volano decine di anni per reati anche banali), deve essere pagata da tutti i detenuti? Non si può più parlare di sovraffollamento delle carceri, di pene alternative e sconti di pena che non vengono concessi neanche quando ricorrono tutti gli estremi di legge? Non si può ricordare che le carenze d’organico portano i magistrati di sorveglianza, come gli educatori e gli psicologi, ad avere montagne di pratiche sulle loro scrivanie? Non scherziamo sulla pelle di 62.000 detenuti chiusi in carceri dove, secondo I leggi nazionali e internazionali, potrebbero vivere al massimo 49.000 persone. Non giochiamo sulla pelle di qualsiasi cittadino italiano che, quando meno se l’aspetta e senza aver fatto nulla di male, può essere improvvisamente precipitato in questo romanzo kafkiano che sono la giustizia e le carceri italiane. No, non siamo buonisti, Chi sbaglia deve pagare. Ma chi ha diritto alla libertà deve ottenerla. E nessuno deve vivere anni e anni in una cella che assomiglia ad una grotta affollata. Il magistrato che ha sbagliato su Emanuele De Maria pagherà? O dovranno pagare per lui tutti i detenuti italliani?

Gianni Alemanno

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