I nordcoreani peggiori dei nazisti

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Il rapporto Onu sugli abusi contro i diritti umani in Corea del Nord presentato da Michael Kirby documenta le violazione dei diritti umani in un rapporto di 372 pagine, tutte riguardanti gli orrori della famiglia Kim. E’ un inventario mostruoso di crimini e orrori presentati alla comunità internazionale ed i testimoni che hanno parlato alle Nazioni Unite hanno reso centinaia di testimonianze. Il rapporto è datato 7 febbraio 2014 ed individua violazioni sistematiche diffuse dei diritti umani, da uno stato totalitario con atrocità indicibili nei campi di prigionia politica. Si rendono molte raccomandazioni per la riforma interna e l’azione internazionale, compreso il perseguimento della leadership nordcoreana nel Tribunale penale internazionale o davanti a un tribunale internazionale ad hoc. Studenti selezionati in tutta la Corea del Nord, dai bambini delle elementari agli universitari, sono da sempre obbligati a realizzare coreografie per le parate più importanti che si tengono a Pyongyang. L’evento principale è l’annuale edizione dei “Mass Games”, dove 100 mila giovani si muovono all’unisono davanti al leader realizzando spettacolari coreografie. Spesso questo conduce alla morte, visti gli allenamenti intensivi di dieci ore al giorno, come è capitato ad un bambino che soffriva di appendicite acuta. Per il governo nordcoreano è un eroe perché ha immolato la sua vita per uno spettacolo al quale doveva assistere il leader Kim Jong-il. Il rapporto conferma che l’unico dio ammesso e venerato in Corea del Nord è Kim Il-sung e nessun’altra religione può contrastare il credo della Juche. Tutti gli intervistati affermano che chi pratica la religione viene perseguito come un criminale. Il cristianesimo in particolare è paragonato alla droga, ai narcotici, al peccato e all’invasione capitalista, ed i missionari sono paragonati in pubblico a vampiri che succhiano il sangue. I cristiani una volta arrestati vengono accusati di non adorare il leader ma un’altra ideologia; essere spie di Stati cristiani come Usa e Corea del Sud. Una donna della provincia di Ryanggang è stata arrestata perché cristiana dopo che un suo amico, sotto tortura, l’ha denunciata rivelando che era credente. Lei e altri compagni di cella sono stati torturati. La colpa di molti di loro era possedere una Bibbia e sono stati giustiziati immediatamente senza neanche essere portati nel gulag. Chiunque può essere arrestato senza neanche sapere perché in Corea del Nord. Secondo Ahn Myong-chol, ex guardia in un gulag, la maggior parte degli internati con cui parlava non aveva la minima idea del perché fosse stato rinchiuso. Durante gli interrogatori, gli ufficiali usano la tortura regolarmente. Kim Song-ju racconta che dopo l’arresto è stato prima portato in una prigione sotterranea simile a una grotta, poi trasferito in una cella con altre 40 persone, la cui porta era alta appena 80 centimetri, per cui bisognava entrare a quattro zampe, come fa un cane. Le guardie gli dicevano: “Quando entri in prigione non sei più umano, sei un animale e quindi devi andare a quattro zampe come gli animali”. Una guardia che torturava i detenuti per gli interrogatori ha testimoniato: “Avevamo una vasca d’acqua per affogare i detenuti, ganci attaccati al muro per appenderli a testa in giù, ogni tipo di strumenti di tortura, tra cui bastoni di legno con cui picchiare in testa i prigionieri e lunghissimi aghi da infilare sotto le loro unghie, oltre a un miscuglio di acqua e peperoncini fortissimi da mandare giù per il naso. I detenuti venivano anche tenuti senza cibo e acqua e in posizioni particolari per ore, come quella dell’aeroplano o del motociclista, per aumentare a dismisura il dolore fisico. In cella era vietato parlare, muoversi e guardarsi intorno”. Secondo Jeong Kwang-il, niente è peggio della “tortura del piccione”, che lui ha subito a più riprese anche per tre giorni di fila: “Ti ammanettano le mani dietro la schiena e ti appendono al muro. Non puoi sederti né stare in piedi. Nessuno ti guarda, non c’è nessuno, non puoi dormire: pisci, caghi, vomiti, sei completamente disidratato. È così doloroso che ho desiderato ripetutamente di morire piuttosto che restare lì”. I gulag formalmente non esistono in Corea del Nord ma la gente vi viene rinchiusa fin dagli anni Cinquanta. Secondo le stime dell’Onu, vi sono imprigionate ancora tra le 120 mila e le 200 mila persone. La guardia Ahn Myong-chol ha testimoniato che alle guardie viene detto di prepararsi a eliminare tutti gli internati in caso di guerra per cancellare le tracce dei gulag. Vengono fatte esercitazioni per riuscire a uccidere più persone possibile alla volta. In passato c’erano più di 12 gulag, oggi quelli attivi dovrebbero essere quattro: il campo numero 14 di Kaechon, il campo numero 15 di Yodok, il campo numero 16 di Myonggan e il campo numero 25 di Chongjin. Il campo 22 è stato chiuso nel 2009-2010, c’erano circa 50 mila detenuti. Nessuno sa che fine abbiano fatto ed è probabile che siano stati eliminati in massa. Nei gulag, dove sono inviate famiglie intere, vengono addestrati cani famelici per catturare chi cerca di scappare. Nessuno nei campi di lavoro può avere figli senza autorizzazione. Una donna ha testimoniato di essere stata inviata nel campo già incinta. Verso la fine della gravidanza è stata presa a calci e ha partorito prematuramente. Il figlio le è stato strappato dopo il parto, ucciso e gettato in una fossa comune. Il giorno dopo è stata costretta ad andare a lavorare, sanguinava ancora, ed è stata picchiata perché lavorava male e troppo lentamente. Agli alti ufficiali è permesso fare sesso con le prigioniere, che però non devono restare incinta. E’ stato raccontato che una volta un comandante ha stuprato una donna. Lei è rimasta incinta e per questo è stata punita e imprigionata nell’edificio delle torture insieme al neonato. Qui, davanti ai suoi occhi, il neonato è stato gettato nella ciotola dei cani e divorato. Lei è stata torturata. La Corea del Nord ha rifiutato ogni forma di cooperazione con l’inchiesta ed, appena prima che il rapporto fosse lanciato, ha rilasciato una dichiarazione sostenendo che era basato su materiale falso.

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