Italian Premier Paolo Gentiloni during a press conference at Chigi Palace in Rome, Italy, 23 December 2016. Italian Premier Paolo Gentiloni said Friday that he had called German Chancellor Angela Merkel to inform her that the man suspected of Monday's terrorist attack in Berlin had been killed near Milan. "I informed Chancellor Angela Merkel about the operation this morning," Gentiloni said. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Disoccupazione e la felicità di Gentiloni…

Sull’occupazione il Governo continua a vedere la realtà in modo soddisfacente.  A febbraio, secondo l’Istat, la disoccupazione scende all’11,5% dall’11,8% di gennaio ed ancor più cala quella giovanile al 35,2%.   Ma la tenuta, ora, si deve a due fattori poco entusiasmanti: si espande nuovamente il lavoro a termine e soprattutto la tenuta della occupazione si deve in larga parte agli ultracinquantenni, quei lavoratori che non possono andare in pensione.

È impressionante constatare che i giovani al lavoro fino a 24 anni sono aumentati di 15 mila unità, le classi di età che dovrebbero essere la punta di diamante dell’occupazione, vale a dire quelle che arrivano dai 25 anni fino alla soglia dei 50 anni, registrano flessioni per complessive 124 mila unità. Ancora più eclatante è il dato positivo degli ultracinquantenni: +402 mila unità.

Il rischio è quello di creare una enorme sacca di lavoro maturo senza sbocchi, di perdere professionalità e posti di lavoro nelle fasce di età che una volta erano le protagoniste dell’economia e della produzione, di illudere tanti giovani per qualche anno ma senza prospettive davvero stabili. L’attuale Governo  dovrebbe  prestare attenzione ad un altro dato per nulla tranquillizzante: quello che attesta la crescita degli inattivi e che anche per tale motivo riduce il valore della diminuzione della disoccupazione. Se aumenta il numero di chi non cerca lavoro perché pensa di non trovarlo, questo vuol dire che il clima di fiducia nel Paese non sta risalendo su questo versante.

Qualche giorno fa dalla Germania è arrivata la notizia che il tasso di disoccupazione all’interno della repubblica federale è sceso al 5,8 per cento. Un nuovo record rispetto a quello segnato il mese prima quando ci si era fermati al 5,9.

 Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, twitta: ‘Cala la disoccupazione, anche tra i giovani. L’impegno per le riforme ottiene risultati’. Ora siamo all’11,5 per cento (meno 0,3) e quella giovanile è arretrata ai livelli precedenti al 2012, cioè siamo al 35,2 per cento che tradotto vuol dire che oltre un terzo dei giovani italiani la mattina si alza e sbatte la testa contro il muro non avendo a disposizione una occasione per sbarcare il lunario.

Se si va sul particolare, qualche indicazione la offre l’Istat che ci dice che il miglioramento del tasso generale non è legato a un aumento degli occupati  ma semplicemente alla decisione presa da molti di non sprecare più tempo a cercare lavoro nella rassegnata consapevolezza che nessuno te lo darà.

Un altro dettaglio non irrilevante lo svela Eurostat, cioè l’istituto di statistica europeo che ci avverte che continuiamo a essere in uno dei vagoni di coda. Il tasso di disoccupazione che rende felice Gentiloni è due punti sopra a quello europeo.

L’effetto Jobs act conta   novecentomila licenziamenti nel 2016, un’impennata che svela i limiti contenuti in una legge definita di riforma del mercato del lavoro pensata male e realizzata peggio. Almeno dal punto di vista dei lavoratori.

Il progetto di Matteo Renzi è fallito perchè la legge avrebbe dovuto produrre un vorticoso aumento dei posti di lavoro ma l’effetto benefico si è esaurito nel primo anno di vigenza e non aveva evidentemente nulla a che fare con la normativa essendo soprattutto il frutto del beneficio economico garantito ai datori di lavoro  con la decontribuzione mentre doveva favorire lo spostamento verso i rapporti a tempo indeterminato.  Invece, cancellando l’articolo 18  ha semplicemente introdotto elementi di precarietà nella tipologia contrattuale più garantita.

I dati non lasciano dubbi con  quasi 900mila licenziamenti nel 2016 (899.053), con un incremento evidente sul 2015 (850.297). Al contrario sono diminuite le dimissioni: oltre 1,2 milioni (1.221.766), in calo del 17,1% sempre rispetto al 2015 (1.474.718). Il dato è dell’osservatorio del ministero del lavoro.

Nel solo quarto trimestre del 2016 i licenziamenti sono stati nel complesso 259.968, in aumento di 9.276 unità (+3,7%), mentre le cessazioni per dimissione sono scese a 318.146 in calo di 73.681 unità (-18,8%) rispetto allo stesso trimestre del 2015.

Osservando i dati a tutto tondo c’è molto poco per dichiararsi soddisfatti.

Cocis

 

 

Circa Cocis

Riprova

L’Italia senza Rdc fa segnare un nuovo record occupazionale

Occupazione record per l’Italia anche nel IV trimestre del 2023, in linea con i dati …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com