Bocciata dall’Ocse la scuola italiana

 L’Italia deve migliorare equità ed efficienza del suo sistema educativo, che ha un basso rapporto tra qualità e costo e dovrebbe fare di più per migliorare le opportunità per i meno qualificati, scrive l’Ocse nel suo rapporto ‘Going for Growth’ rilevando, in particolare, le poche risorse destinate al settore. L’Ocse bacchetta in particolare il nostro Paese per la spesa per l’istruzione scesa ben al di sotto della media e per i numerosi cambi, tre in quattro anni, al vertice dell’agenzia per la valutazione della scuola. Secondo il rapporto Going for Growth 2015,  presentato prima dell’inizio del G-20, che si tiene oggi e domani a Istanbul, dall’Ocse il Belpaese deve proseguire spedita sulle privatizzazioni e deregulation del mercato del lavoro, migliorando l’efficienza del sistema scolastico e il sistema fiscale riducendo le tasse sul lavoro. Per gli economisti dell’Ocse in Italia negli ultimi due anni comunque “gli sforzi per le riforme hanno rallentato rispetto al periodo 2011-2012” quando in sella c’era il governo Monti. Il Paese si trova quindi“indietro rispetto alle altre nazioni dell’area periferica dell’Eurozona” La mancata ripresa dalla recessione sta portando il reddito pro capite dell’Italia a scendere ancora più in basso rispetto alle principali economie. L’organizzazione stima che il Pil pro capite italiano nel 2013 era inferiore del 30% rispetto alla media dei primi 17 Paesi Ocse. Il gap è cresciuto: nel 2007 era del 22,7%. “In questa fase di limitato margine delle politiche macroeconomiche, è importante che l’agenda delle riforme strutturali metta più attenzione su quelle riforme che oltre ad accrescere la produttività e la creazione di posti di lavoro nel medio termine sappiano sostenere la domanda nel breve termine”, scrive la capo economista dell’Ocse, Catherine Mann, nel rapporto annuale. Se il passo di queste riforme dovesse rallentare troppo, aggiunge, “c’è il rischio che si sviluppi un circolo vizioso, in cui la domanda debole mina alla base la crescita potenziale, prospettiva che deprime ancora di più la domanda, dato che sia gli investitori sia i consumatori diventano ostili al rischio e preferiscono risparmiare”. L’Italia deve ancora fare passi avanti sulle privatizzazioni, che “non hanno raggiunto gli obiettivi fissati” negli anni scorsi, e implementare con più efficacia le riforme per la riduzione delle “barriere alla concorrenza”. In particolare, sottolinea l’organizzazione parigina, occorre “eliminare i legami di proprietà tra i governi locali e i fornitori di servizi, migliorare gli incentivi all’efficienza della giustizia civile, e snellire ulteriormente le procedure di bancarotta per ridurre durata e costo”. Inoltre, rimarca l’Ocse, “un numero significativo di decreti attuativi” per le riforme di “deregulation abbastanza estesa” approvate tra il 2011 e il 2012 “devono ancora essere emanati”. Andando avanti con le riforme strutturali intraprese dopo la crisi, e concentrandosi sulle “migliori pratiche esistenti” i Paesi Ocse potrebbero “ottenere un aumento fino al 10% del livello di Pil pro capite a lungo termine”, scrive l’organizzazione nel suo rapporto ‘Going for Growth’, precisando che “questo aumento corrisponde ad un incremento medio di circa 3.000 dollari pro capite”.

 

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