Mes: dopo Conte, Giorgia Meloni di fronte al Giurì d’onore. La relazione arriverà entro il 9 febbraio

Il panorama politico italiano si infiamma attorno al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), con Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, che solleva accuse contro l’ex premier Giuseppe Conte. Meloni ha dichiarato che il governo Conte ha segretamente dato il proprio assenso al Mes, una mossa critica vista la delicata natura del dossier.

In risposta a queste accuse, Conte si è rivolto al Giurì d’onore, un organismo parlamentare che si occupa di valutare le affermazioni potenzialmente lesive dell’onorabilità di un deputato. È interessante notare che Meloni, ora chiamata in causa, ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio, una circostanza che aggiunge un ulteriore livello di complessità alla situazione.

Il Giurì d’Onore, istituito in base al Regolamento della Camera, non emette sanzioni ma si limita a valutare la fondatezza delle accuse. La sua composizione, esclusiva dei membri dei partiti coinvolti (in questo caso Fdi e M5S), garantisce un’analisi imparziale. Il suo compito è quindi di chiarire la situazione, fornendo una base di valutazione oggettiva al Parlamento, che ne prende atto senza ulteriori dibattiti o votazioni.

Questa situazione evidenzia la delicata dinamica tra trasparenza, responsabilità politica e la ricerca della verità. Mentre il Parlamento attende le conclusioni del Giurì, gli occhi sono puntati su come questa vicenda influenzerà il panorama politico italiano, in particolare sulle relazioni tra Fdi e M5S e sulle percezioni pubbliche dei due leader politici.

Conte, nel corso dell’audizione, ha enfatizzato il suo impegno per la trasparenza e la correttezza durante il suo mandato. Ha presentato documentazione per confutare le accuse di Meloni, sottolineando il suo costante confronto con il Parlamento e l’iter parlamentare del dossier sul Fondo salva-Stati. La sua richiesta di “giustizia” risuona come un appello alla correttezza e alla verità nell’ambito politico.

È durata poco più di un’ora l’audizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni davanti al Giurì d’onore della Camera, nel contenzioso sollevato dal leader del M5s Giuseppe Conte per le accuse lanciate dalla premier sul Mes.

Sarà redatta “entro il 9 febbraio” la relazione del Giurì d’onore della Camera. Lo ha confermato il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (FI), presidente della commissione speciale di indagine che ha ascoltato la premier nel contenzioso sollevato dal leader del M5s Giuseppe Conte per le accuse della premier sul Mes.

“Non sono emerse circostanze tali che finora hanno spinto i commissari a chiedere una nuova audizione – ha spiegato Mulè -. Adesso leggeremo il resoconto integrale. Entrambi hanno detto la loro posizione. I commissari non hanno sollevato esigenze di nuove audizioni”. Il prossimo passaggio, ha chiarito, “è quello di studiare, approfondire, mettere a confronto le  dichiarazioni del presidente Conte e della presidente Meloni, e poi formarsi un’idea sugli atti parlamentari e tutto ciò che abbiamo adisposizione della commissione. Successivamente redigeremo la nostra relazione da presentare entro il 9 febbraio. La relazione secondo l’articolo 58 non è soggetta né a discussione né a votazione: viene letta in Aula e l’Aula ne prende atto”.

Come ha chiarito il vicepresidente della Camera, la relazione “tecnicamente non è una sentenza. Il Giurì è chiamato a dichiarare la fondatezza o meno di alcune espressioni che sono state utilizzate dalla presidente Meloni e che il presidente Conte ritiene essere false e non veritiere false. Il Giurì giudica se è fondato o non è fondato quanto detto in Aula”. Il riferimento al “favore delle tenebre”, ha aggiunto Mulè rispondendo ai giornalisti, “è uno degli elementi usati dalla presidente del Consiglio in Aula in un discorso più ampio che riguardava il Mes e tutto quello che c’era intorno al processo validazione del Mes”.

L’audizione all’organo giudiziario interno alla Camera è stato chiesto dallo stesso Giuseppe Conte lo scorso 13 dicembre in seguito alle accuse mosse da parte della stessa Meloni in assemblea dopo aver mostrato il fax, inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio, in cui veniva autorizzato a siglare il Meccanismo Europeo di Stabilità: “Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes”.

E questo, aveva aggiunto, è successo “il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo”.

La ricostruzione è stata quindi subito negata dall’ex premier e contestata nelle stanze della Biblioteca del Presidente di Montecitorio, dove l’audizione è durata circa un’ora e mezza di fronte alla Commissione d’indagine presieduta dal forzista Giorgio Mulé. Per l’occasione il leader del Movimento 5 Stelle ha portato con sé centinaia di pagine di documenti per smontare la tesi sostenuta da Meloni.

“L’attività presso il Giurì d’onore è secretata, quindi le dichiarazioni rilasciate rimangono segrete da parte mia – ha spiegato Conte ai giornalisti –  Però ho chiesto l’attivazione di questo Giurì d’onore perché ritengo che sia un istituto parlamentare di salvaguardia in ipotesi estreme in cui ci siano dichiarazioni false e menzognere che oggettivamente offendono l’onore e la reputazione non solo mio personale ma anche del mio governo rispetto a tutta l’attività di confronto trasparente, puntuale, fatto con il Parlamento quindi con tutti i cittadini. Mi rimetto ovviamente alle valutazioni che faranno i colleghi deputati, verso i quali ho pieno rispetto e piena fiducia. Io voglio giustizia”.

Conte dovrebbe quindi aver ripercorso ieri l’iter parlamentare del dossier sul Fondo salva-Stati, mostrando di non aver agito “con il favore delle tenebre”. Questo perché da presidente del Consiglio è passato alle Camere 14 volte, tra comunicazioni e informative urgenti, sul tema del Mes e del procedimento di rafforzamento dell’unione bancaria e monetaria. Numero che lievita tra 30 e 40 se si considerano a livello di governo anche le audizioni in commissione e in Aula fatte dai ministri competenti, prima Giovanni Tria e poi Roberto Gualtieri. “E all’interno di tutti questi passaggi, viene fatto notare, la deputata Meloni era presente in Aula”.

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