Giorgia Meloni e Consiglio europeo: ‘Aperta sconfitta su Mes e Pnrr, timida apertura sulle migrazioni’

E’ una Giorgia Meloni sorridente e orgogliosa quella che a Bruxelles, a metà giornata, saluta con soddisfazione la bozza di conclusioni del Consiglio europeo, che lei battezza come “un’ottima base di partenza“. I temi all’ordine del giorno sono tanti, alcuni delicati, qualcuno particolarmente per l’Italia, come quello sulla migrazione, su cui il governo Meloni batte dall’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi. E qui si passa all’incasso politico: più fondi, nuovi criteri di condivisione, Italia non più isolata, lascia intendere il premier: “Su migrazione, su Tunisia, su flessibilità nell’utilizzo dei fondi per quanto riguarda le materie economiche, sui primi passi per un fondo sovrano europeo ci sono le posizioni italiane. Mi pare che la bozza di conclusioni sia per noi assolutamente soddisfacente in apertura“.

“Per quanto riguarda le migrazioni, non devo ricordare che quello che oggi c’è scritto nelle conclusioni del Consiglio era probabilmente impensabile 8 mesi fa. Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista, anche col contributo di altre nazioni,  sull’annosa divisione tra paesi di primo approdo e paesi di movimenti secondari” passando a un “approccio unico che risolve i problemi di tutti, che è quello sulla dimensione esterna”.

C’è soddisfazione anche per l’aumento delle risorse per la migrazione annunciato dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen nell’ambito della revisione di bilancio  soprattutto se quelle risorse si concentrano sul Mediterraneo, che è dove finora non sono state concentrate”, ha detto la premier prima di prendere parte ai lavori del Consiglio europeo a Bruxelles. Secondo la presidente del Consiglio “è importante capire che abbiamo bisogno di soldi per risolvere questo problema”, soldi “che non devono essere spesi solo a livello di sicurezza. Abbiamo bisogno di una cooperazione con i paesi del Mediterraneo, del Nord Africa ed è quello su cui sto lavorando con partenariati strategici”.

Penso, ad esempio, all’energia. Ed è su questo – ha sottolineato la presidente del Consiglio – che sta lavorando l’Italia. L’Europa ha un problema con l’energia. L’Africa è un grande produttore di energia, possiamo fare le cose insieme. La discussione è aperta anche per il bilancio dei prossimi anni. Vedremo cosa diranno gli altri Paesi, ma quello dei fondi per la migrazione e la cooperazione con i Paesi terzi è un punto strategico.

C’è poi tutta la parte economica, su cui si era espressa in Parlamento la premier:  “Sulla strategia della Bce ho già detto cosa penso. Sui mutui il governo era già intervenuto: è un grande tema, al quale siamo stati sensibili sin dall’inizio. Nella nostra legge finanziaria abbiamo immaginato una norma per consentire a tutti di poter convertire il loro mutuo a tasso variabile in mutuo a tasso fisso. Bisogna fare di più, ne sto discutendo col ministro dell’Economia. E’ una di quelle materie su cui l’impegno del governo deve essere quotidiano. Quelle sul Mes sono “polemiche inutili”, perché “prima del merito c’è il metodo su come difendere l’interesse nazionale”.  Meloni ha lanciato un monito alla Bce, avvertendo che il rialzo dei tassi rischia di provocare più danni dell’inflazione. Le accuse alla Bce per il rialzo dei tassi, anticipate da alcune ministri, sono state confermate, così come la decisione di rimettersi all’aula sulla ratifica del Mes, la settimana prossima. Ma sul fronte economico anche la difesa del lavoro fatto dal governo sul fronte del Pnrr, con il ministro Fitto accanto a lei, alla Camera, ha dato forza alla discussione e alle tesi della maggioranza, che ha poi approvato le risoluzioni di sostegno al premier in vista del Consiglio europeo.

Secondo Fratelli d’Italia, come ha sottolineato il presidente Meloni, la difesa della sicurezza e della libertà non può prescindere dal partenariato strategico fra Ue e Nato. Sul Mes, l’unico obiettivo dell’Italia è la difesa dell’interesse nazionale che – prosegue – ci consentirà di affrontare il negoziato con un approccio che valuti le nuove regole del Patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria nel loro complesso. Infine, l’Italia ha finalmente cambiato l’approccio sulla gestione dell’immigrazione, con la finalità di ottenere risultati concreti strutturali e duraturi. Si è invertita la rotta rispetto ai precedenti governi e questa è la strada giusta. Ne è la dimostrazione anche l’economia italiana che cresce ogni giorno. Se ne faccia una ragione la sinistra, la loro propaganda ha fallito su tutti i fronti.

Meloni ha ricordato che quella sulla riforma della governance europea “è una partita complessa, sulla quale io credo che l’Italia abbia obiettivi condivisi da gran parte delle forze politiche e che sono stati oggetto di sostegno bipartisan già con i Governi precedenti: “Per questa ragione, lo voglio dire con serenità,  ma anche con chiarezza, che non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il Mes. Il faro è sempre lo stesso: l’interesse dell’Italia. E oggi richiede di “affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le nuove regole del Patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutono nel loro complesso nel rispetto del nostro interesse nazionale. Prima ancora di una questione di merito c’è una questione di metodo su come si faccia a difendere l’interesse nazionale’.

Meloni, poi, si è soffermata sull’inflazione e sul ruolo della Bce. L’inflazione, ha detto, è una “odiosa tassa occulta che colpisce soprattutto i meno abbienti, chi ha un reddito fisso, dai lavoratori ai pensionati, per questo è certamente giusto combatterla con decisione”. “Ma – ha avvertito – la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Banca centrale europea non appare agli occhi di molti la strada più corretta da perseguire, considerato che nei nostri Paesi l’aumento generalizzato dei prezzi non è figlio di una economia che cresce troppo velocemente, ma di fattori endogeni, primo fra tutti la crisi energetica causata dal conflitto in Ucraina”. Dunque, “non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l’inflazione e cioè che la cura si riveli più dannosa della malattia”.

Meloni, quindi, è tornata sulla guerra in Ucraina, ribadendo che l’Italia “lavora per pace giusta e duratura” e che questo attiene anche al nostro interesse nazionale. “Voglio ribadire – ha detto il premier – la mia ferma convinzione che difendere l’Ucraina vuol dire oggi difendere l’interesse nazionale italiano, perché la capitolazione dell’Ucraina porterebbe con sé il crollo del diritto internazionale e del sistema di convivenza tra Stati nato con la fine della seconda guerra mondiale. Se noi non avessimo aiutato gli ucraini, come anche qualcuno in quest’Aula suggerisce probabilmente per interessi di propaganda; se gli ucraini non avessero stupito il mondo con il loro coraggio, noi oggi ci troveremmo in un mondo nel quale alla forza del diritto si sostituisce il diritto del più forte. Un mondo nel quale chi è militarmente più potente può liberamente invadere il suo vicino, un mondo più instabile e più pericoloso. E in un mondo senza regole, se non quella delle armi, l’Europa e l’Italia  avrebbero solo da perdere. Come sappiamo la situazione è in evoluzione anche a seguito delle ultime dichiarazioni dei vertici russi che riguardano il tema della brigata Wagner, il dispiegamento dei suoi uomini nei diversi scenari di guerra, un tema che per noi chiama in causa anche l’Africa, dove la presenza di Wagner è molto significativa”.

Mentre Giorgia Meloni era impegnata a discutere con gli alleati sul futuro dell’Ucraina e sull’emergenza migranti, dall’altra parte della strada il dossier Pnrr rimaneva appunto impigliato in una rete di diffidenza. Uno slittamento per niente ordinario considerando che l’articolo 24 del Regolamento attuativo imponeva la valutazione entro il 28 febbraio con una proroga di massimo tre mesi. Ossia entro il 31 maggio. Data ampiamente superata.

Chi era presente nella sala multicolore che ospita il Consiglio europeo, ad esempio, descriveva ieri con chiarezza la condizione di isolamento vissuta dalla premier italiana. Gli scontri costanti sul Mes, sulla Bce, sui migranti stanno lasciando il segno. Soprattutto il Meccanismo di Stabilità sta ormai diventando una sorta di bomba a orologeria. Che indispettisce in primo luogo la Germania di Olaf Scholz. Il presidente dell’Eurogruppo, l’irlandese Pascal Donohoe, ha ieri ribadito per l’ennesima volta che l’Italia deve accelerare sulla ratifica. «Rispetto assolutamente e posso capire — ha detto — il punto di vista del governo italiano, quando dice che non vuole accedere a questi strumenti e non vuole usare questi dispositivi in futuro. Ma la ratifica del Trattato consentirà che il maggior potere del Mes sia messo a disposizione di altri Paesi che potrebbero, invece, decidere di avvalersene in futuro». E lo stesso Donohoe ha di fatto rimproverato l’Italia per le critiche alla Bce: «Se non si alzano i tassi cresce la povertà». E ormai tutti hanno capito che Roma intende brandire l’arma del Fondo-Salva-Stati per trattare condizioni il più possibile vantaggiose nella riforma del Patto di Stabilità in relazione alle procedure di rientro dal debito. Soluzioni bocciate di nuovo a Berlino dalla Corte dei Conti tedesca.

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