Facebook ‘cancella’ anche Blocco Studentesco

Con una nota pubblicata sul proprio sito ufficiale, l’associazione degli studenti ha reso nota la chiusura dei canali social da parte di Facebook. “La totalità delle pagine social network del Blocco Studentesco, Instagram e Facebook, hanno subito una chiusura ingiustificata da parte del colosso multinazionale di Mark Zuckerberg”.

L’accusa a Facebook: “Pagine con centinaia di migliaia di follower hanno chiuso i battenti di punto in bianco” La nota accusa Facebook di avere operato un’azione ingiustificata e che va a colpire una realtà legalmente riconosciuta che riunisce migliaia di giovani studenti italiani. L’associazione nel corso degli anni ha guadagnato le pagine di cronaca dei quotidiani per manifestazioni in cui non sono mancati simboli e slogan riconducibili al Fascismo. “La maggior parte delle pagine social del movimento compresi molti profili e account privati, sono stati chiusi senza alcuna giustificazione. Più di cento pagine locali con centinaia di migliaia di follower hanno chiuso i battenti di punto in bianco. Una vera e propria offensiva ad un movimento politico che da anni rappresenta liberamente gli studenti italiani all’interno delle scuole e che nell’ultimo anno si è confermato come primo movimento per numero di voti all’interno degli istituti della penisola”.

A Facebook non è consentito disattivare profili in base a violazioni solo presunte ed evidenziate senza contraddittorio.  Il social network dovrà pagare una penale per ogni giorno di ritardo nella riattivazione dell’account immotivatamente disattivato.
Lo decise il Tribunale di Pordenone che, pronunciandosi nella causa civile n. 2139/2018, ha accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso da un utente Facebook che si era visto disattivare e cancellare il profilo personale e, di conseguenza, era stato privato della possibilità di gestire la sua pagina presente sul social.
Tra le obbligazioni assunte da Facebook vi è innanzitutto quella di garantire all’utente di “esprimersi e comunicare in relazione agli argomenti di interesse” così da aiutarlo a “trovare e a connettersi con persone, gruppi, aziende, organizzazioni e altri soggetti di interesse”.
E la stessa società conferma che “l’utente è libero di condividere i contenuti con chiunque, in qualsiasi momento” e si impegna ad assicurare “l’offerta di esperienze coerenti e senza interruzioni nei prodotti delle aziende di Facebook”.
Nel caso in esame il Tribunale ritenne che Facebook abbia sanzionato l’utente “senza consentire allo stesso di giustificarsi, adottando un rimedio del tutto sproporzionato rispetto agli addebiti mossi, finendo così non solo per violare le norme contrattuali, ma anche violando i diritti costituzionalmente garantiti al ricorrente”.
Con riferimento al periculum in mora, il magistrato osservava che la necessità di un’immediata tutela delle ragioni del ricorrente si giustifica in ragione della circostanza che il prolungarsi del “congelamento” di una pagina Facebook determina l’assoluta perdita di interesse degli utenti nei confronti della stessa e, di conseguenza la vanificazione di tutto il tempo speso e l’attività svolta dal ricorrente per la sua implementazione, con l’irrimediabile perdita dei followers finora acquisiti.
Valutando la situazione, il Tribunale non solo ritenne che  vada accordata all’utente la tutela d’urgenza, che può essere concessa per neutralizzare qualsiasi periculum in mora che risulti essere imminente e irreparabile, ma anche debba essere applicato l’art. 614-bis del codice di rito che ha introdotto le c.d. “astreintes” (Misure di coercizione indiretta).
La norma consente al giudice di fissare, su istanza di parte e con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, una soma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Nel caso di specie, oltre a ordinare a Facebook l’immediato ripristino del profilo e la riattivazione del elativo accesso alla gestione della pagina, il giudice stabiliva che il social network dovrà pagare una penale all’utente di 150 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

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