Panoramica dell'aula del Senato. Roma, 31 luglio 2015. ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI

E’ sempre scontro sulle riforme

‘La proposta Pizzetti-Martina è già stata respinta in Commissione Affari Costituzionali, ma evidentemente, invece di affrontare un autentico confronto nel merito, si preferisce far finta di nulla’,  così Miguel Gotor della minoranza Dem respinge il tentativo di mediazione del governo sulle riforme. E ribadisce: ‘L’art.2 del ddl va cambiato’.  A nostro giudizio, aggiunge Gotor, bisogna consentire l’elettività diretta dei senatori da parte dei cittadini in concomitanza alle elezioni regionali e per farlo la via maestra è quella della modifica dell’art. 2. Va evitato l’aggiramento dell’art.2, ossia l’espediente di chiamare mediazione ciò che in realtà non lo è, ma è soltanto il tentativo di restare dentro la modalità elettiva di secondo grado, come se l’Italicum, con la sua maggioranza di futuri deputati nominati dalle segreterie dei partiti, non fosse già legge dello Stato Il Ministro Maurizio Martina e il sottosegretario per le Riforme Luciano Pizzetti, infatti, avevano presentato una proposta in Commissione che proponeva l’abbandono del bicameralismo, e l’ancoraggio del nuovo Senato alle Istituzioni territoriali con forme di partecipazione diretta dei cittadini alla composizione di Palazzo Madama. Per cogliere l’obiettivo, Martina e Pizzetti, proponevano di agire sull’articolo relativo alla ‘definizione del procedimento legislativo o quello sui sistemi elettorali regionali’, dedicando anche una riflessione ulteriore al Titolo V per rilanciare la stagione del regionalismo, dandole maggior impulso e rinnovata legittimazione. I due proponenti volevano che la figura del senatore coincidesse con quella del consigliere regionale, altrimenti, senza questa connessione, si tornerebbe al classico sistema bicamerale, con un Senato semplicemente ridotto nelle funzioni. Così come sarebbe necessario che i presidenti di Regione entrassero di diritto nel nuovo Senato. Per questo proponevano di agire oltre l’articolo 2 (art. 57 Cost.). Vi sono altre parti del testo di riforma in cui questo obiettivo può essere meglio colto. Ad esempio, proseguono Martina e Pizzetti, l’articolo 10 relativo alla definizione del procedimento legislativo (art. 70 Cost.) o l’articolo 35 concernente i sistemi elettorali regionali (art. 122 Cost.). L’idea di un listino a scorrimento con una quota di candidati al Consiglio regionale da dirottare preventivamente verso il Senato, sottolinea Gotor, è un modo per cui il gran nominatore dei deputati può mettersi d’accordo con i cacicchi locali dicendo loro: “Voi fate la lista per il Consiglio regionale con i personaggi che volete, ma il listino dei senatori me lo scelgo io, stabilendo l’ordine d’ingresso. Che se poi il primo che voglio io non esce perché non votato dal popolo, ci sarà sempre il secondo, il terzo e il quarto che ho deciso io. Il tutto avverrebbe nelle segrete stanze, magari indirizzando verso il listino del Senato quanti più di altri hanno bisogno di un’immunità parlamentare, non a caso, uno degli ultimi lacerti del bicameralismo perfetto rimasti in piedi”. La proposta del capogruppo Zanda, rilanciata da Martina e Pizzetti, è un punto di incontro concreto. Se la minoranza Pd la boccia, significa che non vuole il dialogo nel merito, che è animata da altri obiettivi politici, estranei alla riforma del Senato. Nelle prossime settimane vedremo chi vuole davvero migliorare il ddl Boschi, e chi invece nutre solo desideri di rivalsa nei confronti del governo Renzi, è quanto dichiara nel merito il senatore del Pd Andrea Marcucci. Dal fronte dell’opposizione a Renzi, il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, afferma che dalla minoranza del Pd si moltiplicano i segnali di battaglia nei confronti del premier e segretario dem e del testo che arriverà a settembre a Palazzo Madama.
Questo governo, spiega Brunetta, non ha la maggioranza in Parlamento e 176 senatori su 320 hanno firmato emendamenti depositati che bocciano la grande riforma costituzionale, che l’attuale premier ha indicato come colonna portante e senso stesso del suo mandato di presidente del Consiglio. Giorgio Napolitano diventa subito dopo oggetto di un attacco frontale da parte di Brunetta, per la lettera inviata al Corriere della Ser,  in cui l’ex presidente ha chiesto di non fare passi indietro rispetto alla non elettività del Senato che uscirà dalle riforme. Secondo Brunetta ‘con scarsissima sensibilità istituzionale e personale cerca di precostituire una strada per il suo successore, chiedendo con il suo silenzio di avallare una sorta di moral suasion di un Quirinale ombra’. L’ultima ad uscire alla scoperto contro le riforma è stata Rosy Bindi: ‘O Renzi è disponibile a riaprire una fase di dialogo vero con il suo stesso partito per un ripensamento che ci riporti alle nostre origini uliviste o la scissione è inevitabile’. La minoranza Pd sogna pertanto un ‘Ulivo 2.0’ ben raffigurato da Pier Luigi Bersani: ‘Ci dovranno sbattere fuori, fino a quando sarà possibile io combatterò con l’elmetto’. Il 2 settembre è in programma una riunione dei bersaniani: ‘Arriveranno migliaia e migliaia di persone e Renzi dovrà acoltare la base’. Un punto di partenza per un nuovo soggetto politico nato all’ombra delle riforme. Matteo Renzi non si scuote più di tanto: ‘Non stateli a sentire, godetevi le ferie. Io lavoro per tenere unito il Pd. Ma se qualcuno se ne dovesse andare davvero sarebbe condannato all’irrilevanza. Che fanno? Un partitino alla sinistra del Pd? Di certo non si portano via voti…’.

Roberto Cristiano

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