Covid, inchiesta contro l’esecutivo Conte archiviata dal Tribunale dei ministri

Sono state decisioni dall’evidente ‘carattere politico’ quelle del Governo  guidato da Giuseppe Conte  i cui ritardi e le inefficienze nell’adozione delle misure organizzative e restrittive, necessarie a fronteggiare il Covid nella prima fase dell’emergenza, non hanno causato l’epidemia. È uno dei passaggi del provvedimento con cui oggi il Tribunale dei Ministri di Roma ha archiviato la posizione dell’ex premier e di gran parte del suo esecutivo, accusati di epidemia colposa, omicidio colposo plurimo, abuso d’ufficio, e finanche attentato contro la Costituzione e contro i diritti dei cittadini. Una serie di reati ipotizzati dopo la raffica di denunce arrivate da tutta Italia, a partire da tre anni fa esatti, da parte di familiari delle vittime riuniti in comitati, associazioni di consumatori e rappresentati di sigle sindacali e che oggi sono stati ritenuti insussistenti da un collegio di giudici appositamente chiamato a valutare i reati cosiddetti ministeriali.

Mentre una parte della maxi indagine di Bergamo   sulla prima fase della gestione del Coronavirus in Val Seriana  è stata trasmessa ai pm della capitale che valuteranno se iscrivere di nuovo nel registro degli indagati gli ex numeri uno del dicastero della salute Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin,   e Giulia Grillo e una serie di tecnici per la mancata attuazione del piano pandemico, il Tribunale dei Ministri ha ‘assoltò, con una archiviazione, una serie di componenti dell’allora esecutivo: oltre a Conte e Speranza anche Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri e Alfonso Bonafede. Al di là del fatto che nel dibattito giurisprudenziale, «l’indirizzo prevalente» è che la condotta di epidemia colposa «non può che essere commissiva», nell’atto si sottolinea, tra l’altro, che «non è (…) possibile ipotizzare e individuare violazione di regole cautelari generiche o specifiche nell’operato del Governo nel periodo preso in considerazione dalle denunce». Periodo in cui la valutazione «degli interessi in gioco non poteva che basarsi da un lato su dati epidemiologici incompleti, spesso non ancora sistematizzati e fatalmente imprecisi, e dall’altro su una percezione progressiva confusa e caotica delle ricadute negative soprattutto sul piano economico, delle misure restrittive adottate. In tale situazione non è neppure astrattamente ipotizzabile». Inoltre, è stato osservato, «è ragionevole ritenere che un lockdown anticipato non avrebbe avuto l’effetto di evitare l’epidemia, che non può quindi ritenersi provocata dai rappresentanti del Governo». Le cui scelte sono state ritenute di carattere politico e quindi da «sottrarre» alla valutazione della magistratura.

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