Conte sulla mancata zona rossa di Alzano e Nembro: ‘Ho agito in scienza e coscienza’

Il presidente del Consiglio  parla della mancata istituzione della zona rossa di Alzano e Nembro: ‘Riferirò doverosamente tutti i fatti di mia conoscenza. Non sono preoccupato, non è un atteggiamento di arroganza. Ci confronteremo, riferirò tutti i fatti che sono a conoscenza in piena serenità. Tutte le indagini, le inchieste ben vengano. I cittadini hanno il diritto di conoscere e noi di rispondere in tutte le sedi. Il mio è un atteggiamento sereno. Ho agito in scienza e coscienza, ho preso delle decisioni alcune volte molto difficili’.

Conte ricorda, come riportato da Repubblica, che quello di venerdì non sarà un interrogatorio ma un’audizione. Nulla di cui preoccuparsi, quindi. Praticamente una chiacchierata. Certo di aver fatto le scelte giuste in un momento difficile da riuscire a gestire. Ma non è arroganza la sua, ha tenuto a precisare, perché il governo e gli esperti hanno fatto tutto ciò che era possibile fare. Conte ha poi sottolineato di non aver avuto un manuale da poter seguire e che ogni decisione presa è stata scelta di volta in volta.

Intanto, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Gallera, sono già stati sentiti in procura e la pm, dopo la loro audizione aveva detto, in riferimento alla mancata zona rossa, che era una decisione governativa. Passando quindi la palla a Conte & C. Convocazione per il premier e i ministri Lamorgese e Speranza. Palazzo Chigi ha diffuso una dichiarazione, ribadendo che ‘anche la Regione poteva istituire zone rosse, come previsto dalla legge. In particolare, dall’articolo 32 della legge del 23 dicembre 1978 numero 833 richiamato dal decreto legge 6/2020’. In realtà, il diritto dice tutt’altro. E, infatti, il procuratore facente funzione di Bergamo, Maria Cristina Rota, ha già fatto sapere di non condividere affatto la posizione del presidente del Consiglio. ‘Da quello che ci risulta è una decisione governativa’, ha spiegato in una intervista al Tg3.

Tutto ha avuto inizio il 25 febbraio. Quattro giorni dopo, nella zona di Alzano e Nembro, i positivi sono 103. Il 3 marzo, dei 372 casi totali registrati in provincia, ben 58 sono a Nembro e 26 ad Alzano. A Roma, nonostante i continui allert lanciati dal Pirellone, nessuno si prende la briga di adottare le stesse misure applicate a Codogno e a Vo’ Euganeo. E così si va avanti senza far nulla fino al 6 marzo, quando, invece, tutta la Lombardia diventa zona rossa. Alla domanda sul perché sia stata presa questa decisione, il premier aveva spiegato che il virus si stava diffondendo in tutta la Regione. Il 28 aprile la giornalista Francesca Nava aveva provato a mettere alle strette Conte. Che, però, aveva così risposto: ‘Se lei un domani avrà la responsabilità del governo, scriverà lei i decreti e assumerà tutte le decisioni’. Nell’esecutivo qualcuno ha ipotizzato che non vi fossero abbastanza militari per controllare i confini. Repubblica parla invece di militari già mobilitati dalla Difesa, arrivati nella provincia e pronti a intervenire da un momento all’altro.

Sarà anche tranquillo Conte, ma è sembrato abbastanza irritato dal fatto di essere stato convocato proprio a due giorni dall’inizio degli Stati Generali. Davanti ai pm dovrà, infatti, spiegare perché non erano state istituite le ‘zone rosse’ per i due comuni colpiti, nonostante la richiesta esplicita del presidente dell’Iss Silvio Brusaferro. Il premier probabilmente ribadirà che poteva la stessa Regione Lombardia istituire la zona rossa. Sosterrà inoltre di essere stato in continuo contatto con i vertici della Lombardia e che tutte le decisioni erano state prese di comune accordo. Ma la sua difesa ha già dimostrato di fare acqua da tutte le parti.

Anche il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e il collega alla Salute, Roberto Speranza, dovranno comparire davanti ai pm per far luce sullo stesso fascicolo. La numero uno del Viminale dovrà far avere ai pm anche le ordinanze che proprio in quei giorni furono trasmesse a prefetti e questori per potenziare il controllo del territorio. Probabilmente le verrà anche chiesto di ricostruire tutto l’iter seguito per limitare la circolazione a Codogno il 23 febbraio. Si decise infatti di impiegare le forze dell’ordine per chiudere tutti gli accessi, non escludendo di fare ricorso anche all’esercito per i servizi di vigilanza. “Penso che chiunque abbia avuto responsabilità dentro questa emergenza dal capo dell’Oms al sindaco del più piccolo paese coinvolto, passando per ciascuno di noi – ha commentato Speranza – debba essere pronto a rendere conto delle scelte fatte. È la bellezza della democrazia. È giusto così”.

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