Commercio e la direttiva Bolkestein

La direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE, conosciuta come direttiva Bolkestein, è una direttiva dell’Unione Europea relativa ai servizi nel mercato europeo comune, presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2004, ed approvata ed emanata nel 2006.Venne così detta da Frits Bolkestein, commissario europeo per il mercato interno della Commissione Prodi, ha curato e sostenuto questa direttiva, che per semplicità viene indicata con il suo nome. La genesi della direttiva subì diverse critiche ed osservazioni, infatti il Partito Popolare Europeo ed il Partito Socialista Europeo, i due principali partiti del Parlamento europeo, raggiunsero un compromesso che elimina del tutto il principio del paese di origine, ed inserisce numerose eccezioni e protezioni per evitare ogni possibile riduzione della tutela sociale. Il nuovo testo distingue l’accesso ai mercati europei, che deve essere il più possibile libero e de-regolamentato, dall’esercizio delle attività di servizi, che devono essere quelle del paese di destinazione per non interferire con gli equilibri dei mercati locali. Vengono esplicitate numerose eccezioni prima ambigue, come l’esclusione dei servizi di interesse generale forniti dallo Stato, o il fatto che la direttiva si riferisce ai settori già privatizzati, e non riguarda la privatizzazione o l’abolizione dei monopoli. Oltre all’esclusione dei servizi di interesse generale, ovvero i servizi gestiti dallo Stato nell’ambito della sua politica sociale, già esclusi nella prima versione della direttiva, viene aggiunta la possibilità di escludere alcuni servizi di interesse economico generale. Infine, viene ribaltato l’obbligo di controllo sulle attività di prestazione temporanea di servizi, che nella versione originale era riservata allo stato di origine; è ora lo stato di destinazione a garantire il rispetto del proprio diritto nazionale. Il compromesso ha ottenuto l’approvazione della Confederazione Europea dei Sindacati, oltre che della maggioranza del Parlamento Europeo. La direttiva Bolkestein ha quindi come obiettivo di facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione europea, perché i servizi rappresentano il 70% dell’occupazione in Europa, e la loro liberalizzazione, a detta di numerosi economisti, aumenterebbe l’occupazione ed il Pil dell’Unione europea. La direttiva Bolkestein si inserisce nello sforzo generale di far crescere competitività e dinamismo in Europa per rispettare i criteri della Strategia di Lisbona. La direttiva non riguarda alcuni ambiti disciplinati a parte da altre norme comunitarie: i servizi finanziari, le reti di comunicazione elettronica, i servizi di trasporto, il settore fiscale. La direttiva adotta il principio del paese di origine, secondo il quale un prestatore di servizi che si sposta in un altro paese europeo deve rispettare la legge del proprio paese di origine. Questo per incoraggiare i prestatori di servizi a spostarsi senza doversi informare su 25 diverse legislazioni nazionali. Il principio del paese d’origine è stato totalmente abbandonato nella versione definitiva della direttiva. Sono dunque escluse dal principio del paese d’origine tutte le tutele fondamentali dei diritti dei lavoratori, compreso il salario minimo, salute, igiene, sicurezza, diritti delle gestanti e puerpere, diritti di bambini e giovani, parità di trattamento tra uomo e donna, ferie retribuite. Resterebbero soggetti al principio del paese di origine il diritto di sciopero, le condizioni di assunzione e di licenziamento, gli oneri previdenziali. I sostenitori della direttiva Bolkestein, tra cui si annoverano i dieci nuovi stati membri e il Regno Unito, oltre a gruppi politici di estrazione liberale, ritengono invece poco fondati i timori di dumping sociale, perché il diritto del lavoro è quasi del tutto escluso dall’ambito della direttiva e perché sostengono che tutti i paesi europei presentano un livello di tutele sociali più che sufficiente. L’accesa discussione sulla direttiva ha avuto anche riflessi in altri campi: è stata individuata come una delle cause della disaffezione dei cittadini europei verso le istituzioni, ed è stata considerata una delle ragioni del fallimento del referendum francese, nonché di quello olandese, sulla Costituzione europea. La direttiva Bolkestein per Deborah Bergamini  impoverisce l’economia del nostro Paese, che ha sue peculiarità specifiche rispetto ad altre nazioni, imperniato com’è sulla piccola impresa familiare, sulle partite Iva: ‘Il Governo ha il dovere di intervenire subito e di far sentire la voce dell’Italia in sede Ue, prima che sia troppo tardi. In ballo ci sono un milione di posti di lavoro, tra addetti a fiere, chioschi e mercati, e balneari, incluso l’indotto. Se la Bolkestein verrà applicata in maniera meccanica, senza tenere conto dell’unicità e della specificità del sistema Italia, a essere danneggiate saranno le imprese e le generazioni future. Ci chiediamo perché a Spagna e Portogallo, ad esempio, sia stato consentito di prorogare le concessioni, e all’Italia no: l’utilizzo di due pesi e due misure è segno che in Europa ci sono problemi, e che il nostro Paese in sede Ue ha difficoltà a farsi ascoltare’.

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