Siria: “Pagati 11 milioni per il riscatto di Greta e Vanessa”

ROMA. Undici milioni di euro. A tanto ammonta il riscatto pagato dal Governo italiano per liberare le due volontarie Greta e Vanessa, rapite a luglio 2014 e liberate a gennaio. A darne notizia sono state fonti giudiziarie di Aleppo, secondo cui per il rilascio sarebbe stato pagato, appunto, un riscatto di circa 11 milioni di euro. Una cifra, peraltro, molto vicina a quella ipotizzata a gennaio scorso. Le fonti dunque smentiscono il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che il 16 gennaio alla Camera aveva sostenuto che “In merito al tema dei riscatti ho letto indiscrezioni prive di reale fondamento e in qualche caso veicolate da gruppi terroristici. Solo illazioni: l’Italia è contraria al pagamento”.

Le fonti giudiziarie sostengono anche che una delle persone coinvolte nel negoziato è stata condannata per essersi intascata circa metà del riscatto. Il “tribunale islamico” del Movimento Nureddin Zenki, una delle milizie già indicata come coinvolta nel sequestro, ha condannato infatti Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam. L’Ansa ha ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki nella provincia di Atareb. Secondo la condanna, Atrash, basato ad Abzimo, la località dove scomparvero Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, si è intascato 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari, equivalenti a poco più di 11 milioni di euro. I restanti 7 milioni e mezzo – affermano fonti di Atareb interpellate dall’Ansa telefonicamente – sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali.

Intanto il vicepresidente del senato, Maurizio Gasparri, ha presentato in parlamento una interrogazione per capire se l’Italia ha ceduto “alle pressioni dei terroristi”. Il Governo italiano, ha sostenuto il Senatore, deve dire “se ha versato soldi e finanziato i fondamentalisti islamici”. Spiegando poi quali misure “abbia assunto” affinché non “si verifichino altri casi come quello delle due ragazze bresciane, partite con una missione i cui contorni restano sostanzialmente sconosciuti e di cui non abbiamo finora ancora compreso la portata”.

Alessandro Moschini

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