Renzi e Def in Consiglio dei Ministri

Il Def, documento di economia e finanza, è il punto principale sul tavolo del Consiglio dei ministri di oggi. Il documento di economia e finanza dovrebbe prevedere almeno 10 miliardi di nuovi tagli della spesa pubblica per evitare l’aumento di Iva e accise. Il presidente dell’Anci, Piero Fassino, chiede un confronto prima che il documento sia varato: “Con il governo è necessaria una discussione a monte, prima che decisioni e cifre diventino immodificabili. Anche perché in questi anni sono stati i Comuni i primi ad aver contribuito al risanamento del Paese”. Nelle linee della politica economica che sarà tracciata dal governo ci saranno ameno 10 miliardi di nuovi tagli alla spesa pubblica nel primo giro di tavolo sul documento, per sterilizzare clausole di salvaguardia che valgono 16,8 miliardi di euro solo il prossimo anno e che rischierebbero di ammazzare i primi spiragli della ripresa. La riunione del Consiglio dei ministri di oggi darà intanto il via libera al nuovo quadro macroeconomico, lasciandosi invece qualche giorno in più, fino a venerdì, per definire il piano nazionale di riforme, allegato al documento. Sarà tracciato un piano per evitare l’aumento di Iva e accise che rappresenterebbe 54 miliardi di tasse in più in tre anni, 13 nel solo 2016 e costerebbe circa 850 euro a famiglia. Un salasso, che stroncherebbe gli sforzi di rilancio dell’economia. Nuove tasse, ha assicurato Matteo Renzi, non ce ne saranno, l’Iva non aumenterà e, anzi, “se ci saranno ulteriori risorse la priorità sarà per le famiglie e per rendere stabili gli incentivi alle imprese per assumere”.Il premier starebbe accarezzando l’idea di destinare fondi freschi in particolare in favore delle fasce più povere, quegli incapienti che sono rimasti esclusi dal bonus degli 80 euro. Il contributo principale dovrebbe arrivare appunto dalla spending review che si concentrerà sulla riduzione dei costi della macchina pubblica. Il Codacons suggerisce di partire dai 500 enti inutili che da soli costano come una manovra, 10 miliardi l’anno. Le forbici dovrebbero puntare a sforbiciare uffici territoriali, corpi di polizia, centrali uniche di acquisto e partecipate locali, tutte misure già previste dalla legge di stabilità e dalla delega P.a. che vanno implementate. Ma ci saranno anche controlli più stringenti sulle prestazioni sociali a partire dagli assegni di invalidità e accelerazione dei costi standard, con le spese dei Comuni che dovranno essere tutte messe online. Proprio i sindaci, già alle prese con la gestione dei 2,2 miliardi di minori risorse previste per quest’anno, sono i primi a lanciare l’allarme sulla impossibilità di reggere altri tagli. Intanto giovedì ci sarà una riunione delle città metropolitane per valutare il da farsi, mentre un altolà arriva anche sulla local tax, che il governo dovrebbe inserire nel Programma nazionale di riforma, e che non deve essere penalizzante per i Comuni. Dopo un anno a Palazzo Chigi e una sfilza di vertici a Bruxelles, Matteo Renzi ha capito che in materia di conti pubblici è utile tenere in piedi due registri. Il consiglio dei ministri si riunirà per discutere solo una bozza, e alla fine verranno rese note solo le stime macroeconomiche. Il documento completo, quello nel quale è contenuto il «Piano nazionale delle riforme» arriverà solo venerdì. La versione ufficiale è che la richiesta sia arrivata proprio dal premier. Renzi vuole che ciascun ministro rilegga con attenzione i punti che li riguardano, ed evitare così obiezioni in futuro sugli impegni presi. «Se ne avete fatele ora», è la richiesta. Il governo ha deciso sin d’ora di fissare con precisione gli obiettivi di politica economica del 2016 e dalla credibilità del progetto dipende la nuova flessibilità che il governo, di qui all’autunno, conta di ottenere dalla Commissione europea per il 2016. Se il piano la convincerà, l’Italia potrà spendere fino a mezzo punto di Pil in più, ovvero otto miliardi di euro. A meno di modifiche dell’ultim’ora, la crescita di quest’anno sarà dello 0,7 per cento, il deficit del 2,6 per cento. Nel 2016 la crescita salirà fino all’1,1 per cento, il deficit è previsto in discesa fino all’1,7 per cento. I risparmi di spesa ammonteranno circa a dieci miliardi di euro. A quei dieci miliardi occorre aggiungere infatti due voci: le maggiori entrate che il governo stima per quest’anno, più le minori spese per interessi, ora valutate in due miliardi ma che alla fine dell’anno potrebbero essere quattro. Tutto ciò che il governo conta di ottenere in più rispetto a questa cifra servirà a rifinanziare nel 2016 il taglio delle tasse sul lavoro, che ad oggi non sono coperte. Ottenere dieci miliardi di tagli veri alla spesa sarebbe già un risultato eccezionale. Il governo non può permettersi in ogni caso di aumentare le tasse. Anche laddove le entrate aumenteranno, oggi Renzi e Padoan non possono usarle per far tornare i conti.

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