Recovery, la corsa del Governo: 42 riforme in 100 giorni

Siamo ufficialmente entrati nell’autunno caldissimo del Governo guidato da Mario Draghi. Fittissima l’agenda da qui alla fine dell’anno, in cima alla quale spicca l’impegno dell’esecutivo per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Dopo aver messo nero su bianco i buoni propositi che dovranno segnare finalmente il cambio di passo per il nostro Paese, arriva la fase più complicata: bisogna passare dalla teoria alla pratica. La sfida, ampiamente dichiarata,  è decisamente ardua: si tratta di spendere, e soprattutto bene, i 191 miliardi comunitari entro il 2026, lasciandoci alle spalle lentezze e ritardi.

A fare da ago della bilancia una considerazione: il tesoretto in arrivo da Bruxelles sarà tutt’altro che un regalo, per questo dovremo muoverci – al pari di tutti gli altri Paesi europei – in un perimetro ben definito fatto di controlli e scadenze da rispettare altrimenti addio fondi.

La prima  è stata quella dello scorso giugno con l’approvazione dei decreti sulla governance del recovery plan, le semplificazioni per l’assunzione del personale che si dedicherà all’attuazione, degli appalti pubblici e delle altre procedure burocratiche.

Ma ce ne sono altre da centrare entro il mese di  settembre quando cioè scadranno altri decreti sui quali Palazzo Chigi è già al lavoro, come, ad esempio, il decreto su nuovi impianti di gestione dei rifiuti e quello per l’apertura di un fondo che incentivi l’imprenditoria femminile e il rifinanziamento della Simest, società di Cassa Depositi e Prestiti che finanzia imprese che guardano ai mercati esteri.

Bisogna fare in fretta, ma – più ancora – bisogna fare bene. Per questo si guarda già alla scadenza di fine anno quando cioè bisognerà centrare 42 obiettivi in un crescendo di complessità: si va dall’approvazione in Parlamento della riforma del processo penale (disco verde alla Camera), a quella del processo civile e del procedimento fallimentare. Ma non finisce qui. Pezzi forti del “menù” con il quale Roma dovrà convincere Bruxelles, le riforme dell’università, la riforma fiscale e la legge annuale sulla concorrenza. Parallelamente ai macro interventi, ovviamente, non mancheranno una lunga serie di decreti attuativi di responsabilità dei ministeri.

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