La buona  scuola rivoluziona l’esame di maturità dal 2018. I decreti attuativi della riforma del governo Renzi ripensano tutto il sistema di valutazione, dall’esame di terza media a quello a conclusione della scuola secondaria superiore. Dal prossimo anno scolastico per essere ammessi alla maturità bisognerà avere partecipato all’esperienza di alternanza scuola-lavoro: 200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici e professionali. Si dovrà anche sostenere, intorno ad aprile, la prova Invalsi al fine di saggiare le competenze in italiano, matematica e inglese. Il test influirà sul voto dell’esame di Stato.  Ma la novità principale è un’altra: per essere ammessi alla maturità basterà la media del sei, compreso il voto di condotta, e quindi non sarà più indispensabile la sufficienza in tutte le discipline. Per la verità finora non è che non si venisse ammessi alla prova finale se si avevano uno o due 5 ma con la riforma viene introdotto nero su bianco il concetto di media del sei.  Il testo  del decreto spiega infatti che a decidere l’ammissione all’esame sarà il collegio dei docenti a maggioranza sulla base di una valutazione complessiva non inferiore ai sei decimi», «compreso il voto di comportamento.  La maturità cambia anche sotto un altro aspetto: non sarà più una roulette russa, lo studente non si giocherà tutto quel giorno ma peserà di più la carriera scolastica. Tradotto, 40 punti (12 al terzo anno, 13 al quarto e 15 al quinto). Il massimo dei voti è di 100, il minimo di 60. Le prove scritte non saranno più tre ma due – salta il ‘quizzone’ da sempre poco amato dagli studenti – , una di italiano e una della materia caratterizzante l’indirizzo di studio. Quanto inciderà dunque l’esame? Venti punti ciascuno per i due scritti e per il colloquio. Potrebbe essere rivista l’attuale prova di italiano perché nel decreto non si parla più di saggio, articolo giornalistico o tema ma della redazione di un testo di tipo argomentativo riguardante temi di ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico che può essere strutturata in più parti, anche per consentire la verifica di competenze diverse. Ma questo sarà definito da un successivo decreto.