Mistero Buffo: Ugo Dighero vince la formidabile sfida

Gli ingredienti per una potenziale débâcle ci sono tutti. Andare a toccare un mostro sacro come Dario Fo e per di più scegliere il suo spettacolo più famoso, così legato alla sua personale e caratteristica presenza scenica. Come se non bastasse trasporre una performance torrenziale – poteva durare dal vivo molto più di due ore e fu trasmesso da Rai2 nel 1977 addirittura in otto puntate – in una forma che si avvicina di più alla brevità della sincope di rappresentazione a cui ci sta abituando il teatro contemporaneo.

E invece il Mistero Buffo di Ugo Dighero, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova, in scena al Brancaccino dal 10 al 13 ottobre, vince la formidabile sfida. Il vero banco di prova dello spettacolo è il carattere di narrazione pura della forma-teatro popolare dei misteri medievali, esplicita fonte di ispirazione, insieme alle giullarate e ai canovacci della Commedia dell’Arte. Sono chiamate in cause tutte le risorse dell’attore che con i soli mezzi del corpo, la voce e la mimica, senza scenario né musica né costumi deve sollecitare l’immaginazione degli spettatori ed essere capace di far spuntare con un gesto del braccio un’intera strada di un villaggio, con un cambiamento di postura un nuovo personaggio, magari del sesso opposto. Ugo Dighero possiede l’esperienza, il talento e le doti comunicative e improvvisative per farlo.

Nei due episodi scelti (Mistero Buffo consiste infatti di una serie liberamente variabile di racconti autonomi) – “Il primo miracolo di Gesù Bambino” tratto dai Vangeli Apocrifi e “La parpàja topola”, che farebbe parte di un diverso spettacolo (Fabulazzo Osceno del 1982) ma è spesso inserita come pezzo comico di chiusura, come da tradizione del teatro popolare – vediamo perfettamente la padronanza con cui Dighero affronta i monologhi pensati da Dario Fo con rigore filologico ma soprattutto con l’autentico spirito del teatro popolare, che non dimentica mai il riferimento all’attualità del presente.

Vi invito a cercare una delle tante video clip di Fo disponibili nel Web e confrontarla con la performance di Dighero. Sarà evidente anche per voi che la fedeltà al suo modello – ripropone anche le introduzioni ai pezzi che Fo usava non solo per spiegare le origini storiche del racconto ma anche per riferirsi in modo diretto all’attualità – non significa mera imitazione. È comprensione sostanziale del senso profondamente teatrale di Mistero Buffo che gli permette di essere del tutto sé stesso sul palco.

Andate ad ascoltare Dighero che snocciola il famoso gramelot, già di per sé un tour de force di recitazione, per non perdere l’occasione di sperimentare, se non avete potuto per ragioni anagrafiche o del caso, la forza intatta di un teatro fatto di carne e sangue. Non è poco poter ricordare, sia pure per l’effimero intervallo di uno spettacolo, la semplice gioia che la pura presenza fisica, nostra e di un attore, in uno stesso spazio concreto sono tutto quello che serve per liberare l’immaginazione nella sua meravigliosa potenza creatrice di mondi.

Barbara Lalle

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