Matteo Renzi e la ‘separazione consensuale’ dal Pd

Il Pd guarda con attenzione alle mosse di Matteo Renzi, l’uomo che può far cadere il governo Conte Bis. L’ex premier, che ha lavorato e si è speso per la formazione del nuovo esecutivo anti-Salvini ha in mano buona parte del futuro del nuovo esecutivo. E non è un caso che dalle parti del Nazareno vogliano trattenerlo a tutti i costi dopo averlo trattato negli ultimi anni come un problema da risolvere.

 Franceschini e Zingaretti stanno provando a trattenere Renzi nella grande famiglia del Pd. La stessa famiglia che anche grazie all’ex premier ha ritrovato un equilibrio nella trattativa per unirsi al Movimento 5 Stelle nella nuova avventura di governo. Fino a pochi mesi fa al Nazareno avrebbero accolto a braccia aperte l’addio di Renzi, una personalità particolarmente ingombrante. Ad oggi la separazione sarebbe addirittura conflittuale perché il Pd non può permettersi scissioni che porterebbero a un indebolimento. Il segretario dem non si espone in prima persona e prova a gettare acqua sul fuoco mentre Franceschini invita pubblicamente e direttamente Renzi a non lasciare la sua casa naturale.

 Renzi ha paventato l’ipotesi di una separazione dal Partito democratico agitando e non poco le acque all’interno del governo. Se i renziani dovessero seguire il proprio leader la maggioranza giallorossa rischierebbe di subire il contraccolpo. Il rischio di perdere la maggioranza c’è soprattutto in Senato, dove la coalizione giallorossa ha un vantaggio risicato sulle opposizioni e per questo motivo ogni voto è fondamentale.

Renzi probabilmente  non attenderà la kermesse della Leopolda, fissata per il 18 ottobre, per far scattare quella che chiama ‘separazione consensuale’ dal Pd. Ormai l’idea è nell’aria e non la si ferma, spiega l’ex premier ai suoi, sento l’entusiasmo della nostra gente. E non farò di certo un partito di centro o una nuova Margherita. Farò un partito totalmente innovativo, una cosa che non si è mai vista in Italia: ‘Conte già l’ho sentito e gli ho spiegato che la mia è un’operazione in amicizia che non vuole in alcun modo mettere a rischio di nuovo governo’.

L’obiettivo di Renzi, che non farà né la gioia dei 5Stelle, né tantomeno quella del Pd, è entrare a pieno titolo e in completa autonomia tra gli azionisti della nuova maggioranza. Con insegne, bandiere e capodelegazione nel governo: la ministra all’Agricoltura, Teresa Bellanova. Con la possibilità, perciò, di incidere sia nelle scelte che di volta in volta dovranno essere compiute dall’esecutivo, sia nella partita delle nomine che si aprirà in primavera quando dovranno essere scelti i nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna ed altro.

La nostra sarà un’operazione di popolo, altro che di palazzo. Ci sono già migliaia di comitati civici pronti a partire. Soprattutto sono già operativi i comitati Sempre avanti, tirati su da Roberto Giachetti e da Anna Ascani durante la corsa per le ultime primarie: ‘Mi bastano una ventina di deputati per fare gruppo alla Camera e a palazzo Madama una decina di senatori che, se riusciamo a far passare un’interpretazione estensiva del regolamento del Senato, utilizzando ad esempio il simbolo del Psi di Nencini o quello di Scelta civica che si sono presentati alle elezioni, potranno costituire un gruppo autonomo pure lì’.

Scissione o congresso: le opzioni sul tavolo di Matteo Renzi suonano come un ultimatum a Nicola Zingaretti. Ultimatum che sarà lanciato domani sera da Bruno Vesa: Renzi sarà ospite di Porta a Porta. O si fa un congresso, alla luce del nuovo quadro politico che vede Pd-Cinque stelle alleati, o Renzi sceglierà un’altra strada. Sembrano queste le due opzioni che il rottamatore sta valutando. Zingaretti sembra ormai caduto nella trappola. Non ha alternative. E’ prigioniero di Renzi che controlla i gruppi parlamentari.

 

 

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