Mafia a Roma, Renzi commissaria il Pd romano

Il giorno dopo la grande retata, Roma si sveglia stordita dall’impatto dell’inchiesta ‘Mafia Capitale’. In carcere per ora non ci sono politici, ma l’effetto del tornado giudiziario riguarda soprattutto i partiti. E non certo solo a livello locale. La presidente della Camera Laura Boldrini esprime “totale sdegno” e chiede “chiarezza quanto prima”. Gianni Alemanno, ex sindaco Pdl indagato per associazione mafiosa, si autosospende dagli incarichi in Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, mentre Matteo Renzi difende l’attuale ministro Poletti e annuncia il commissariamento del Pd romano con Matteo Orfini. In realtà il ministro Giuliano Poletti non deve rispondere ai magistrati perché non è indagato e non è coinvolto nell’inchiesta. Vero è che prima di essere ministro Poletti era presidente di Legacoop Nazionale era presente nel 2010 ad una cena di ringraziamento organizzata da Salvatore Buzzi per tutti i politici che erano al suo fianco. Buzzi fu condannato a 24 anni per omicidio ed era diventato un uomo molto rilevante dell’imprenditoria capitolina ed uomo ultra fidato di Massimo Carminati. Attraverso rapporti diretti con la politica, frammista dalla mediazione criminale di Carminati, riesce a mettere le mani sugli appalti che contano e sull’assegnazione dei fondi pubblici. Sono sconvolto, commenta il presidente del Consiglio, perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. Vale per tutti il principio di presunzione di innocenza e il governo ha scelto Cantone per l’anticorruzione. Certe vicende fanno rabbia, serve una riflessione profonda, certo l’epicentro è l’amministrazione di Alemanno ma alcuni nel Pd romano non possono tirare un sospiro di sollievo. Il presidente di Dem dice che il partito a Roma è “da rifondare e ricostruire su basi nuove”. Ha un assessore e il presidente del Consiglio comunale indagati e dimissionari e altri esponenti sotto inchiesta. Con destra e sinistra sotto choc all’attacco va il Movimento 5 Stelle, che chiede al prefetto Giuseppe Pecoraro di sciogliere il Comune di Roma per infiltrazioni mafiose. Mentre iniziano gli interrogatori di garanzia dei 36 arrestati, uno è ancora latitante, e il presunto capo clan Massimo Carminati non risponde ai magistrati, la politica prova a riprendersi dallo choc di un quadro desolante. In un’intervista il sindaco Ignazio Marino parla delle “pressioni” sulla sua amministrazione, che “ha sbarrato le porte a chiunque volesse influenzarla in qualsiasi modo”, assicura. E dell’ormai ex assessore alla Casa Daniele Ozzimo, che nel rimpasto era addirittura in predicato per assumere le deleghe al sociale, indagato e dimessosi, dice: “L’ho conosciuto per la sua forza nell’imporre la legalità”. Gianni Alemanno scrive alla leader di Fdi-An Giorgia Meloni e si sospende dagli incarichi “per evitare strumentalizzazioni”, dice, “fino a quando la mia posizione non sarà pienamente e positivamente chiarita”. E al Tg1 afferma: “Se c’era una cupola era bipartisan, andava da destra a sinistra” e ammette “errori” nella scelta della sua squadra. Un suo ex compagno di partito nel Pdl, Luca Gramazio, indagato e ritenuto vicino a Carminati, per ora non si dimette da capogruppo di Forza Italia alla Regione Lazio. “Non faccio parte di un sistema e lo dimostrerò. Gli incontri con Carminati? Incontro un milione di persone”. Il sisma di Mafia Capitale fa tremare anche il Pd che vede un ex assessore Ozzimo e un ex presidente di aula indagati. E l’ex capogruppo al Campidoglio Umberto Marroni che compare nei discorsi della organizzazione di Carminati: “neanche so chi è e non sono indagato”, dice Marroni, ora deputato. Ieri il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi aveva chiesto al partito romano di fare chiarezza. Il presidente nazionale Orfini parla di “una vicenda agghiacciante per il sistema criminale che emerge e le responsabilità della politica. Emerge a Roma un partito da rifondare e ricostruire su basi nuove”. Orfini esorta anche a “una riflessione di sistema” su primarie e preferenze che, dice, “rendono la selezione dei dirigenti più permeabile”. Il segretario cittadino Lionello Cosentino invita Boschi all’assemblea degli iscritti al Pd romano del 12 dicembre. “Bisogna fare pulizia completa”, dice. Ma in una intercettazione il braccio destro di Carminati, Salvatore Buzzi, definiva Cosentino “proprio amico nostro”, affermando di avergli procurato voti. La soluzione proposta da M5S,   che ha portato simbolicamente arance alla conferenza stampa di ieri in Campidoglio,  è radicale: sciogliere il Campidoglio per mafia e commissariarlo. Parlamentari e consiglieri comunali, tra i quali il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, lo dicono in una conferenza stampa in Comune e poi vanno dal prefetto Pecoraro per chiederlo ufficialmente. Non scarta l’ipotesi, dice il capogruppo alla Camera Andrea Cecconi dopo l’incontro: “Qualora ci siano i presupposti non si tirerà indietro”. La scossa dell’inchiesta ‘Mondo di Mezzo’ ha colpito duro, ma il terremoto sembra tutt’altro che finito. In Procura intanto il lavoro continua. Sono decine i nomi nel mirino dei pm. Roma non finisce di tremare.

 

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