Lavrov nega jet russi contro obiettivi non Isis

Il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha negato che i raid aerei russi in Siria siano stati diretti contro obiettivi diversi da quelli dell’Isis. Lo scrive Interfax precisando che Lavrov ha detto a New York di aver spiegato a John Kerry che ‘Le voci secondo cui i bersagli di questi raid sarebbero obiettivi non Isis sono infondate’. Qualche ora prima  il segretario di Stato Usa, John Kerry, dopo il colloquio con il ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov all’Onu, in merito ai raid russi in Siria aveva detto ‘E’ imperativo trovare una soluzione per evitare una escalation al di fuori del controllo di tutti’. Dal canto suo Lavrov ha definito il faccia a faccia avuto con il segretario di stato Usa un incontro costruttivo e utile dopo quello tra i presidenti Putin e Obama e ha assicurato: ‘Faremo di tutto per evitare incidenti non voluti e siamo d’accordo sulla necessità di avviare un processo politico che porti a una Siria democratica e unita’. Alcune fonti denunciano che le incursioni aeree russe hanno ucciso anche dei civili. Almeno 36, secondo l’opposizione siriana. Il ministero degli Esteri russo respinge le accuse con fermezza e si tratta di ‘guerra mediatica’, sostiene la portavoce Maria Zakharova. Mentre alcuni alti funzionari americani replicano che i jet russi hanno bombardato anche aree che non sono sotto il controllo dello Stato islamico e dove le forze governative devono affrontare l’avanzata dei ribelli. Il Cremlino, in tutto questo, mantiene una certa ambiguità: ‘L’aviazione russa in Siria sta fornendo sostegno alle forze armate siriane, che stanno combattendo contro l’Isis e altri gruppi terroristici ed estremisti’, ha osservato Dmitri Peskov, portavoce di Putin, rispondendo alla domanda se Mosca classifica alcuni movimenti di opposizione siriana come ‘terroristi’. I caccia con la stella rossa sono decollati da una base nella regione costiera di Latakia poco dopo che il Senato russo aveva approvato all’unanimità la richiesta di Putin di autorizzare un intervento militare all’estero delle forze armate di Mosca. Un permesso che la Camera alta del Parlamento aveva concesso l’ultima volta nel marzo del 2014, cioè poco prima dell’annessione della Crimea. Secondo la ricostruzione delle fonti americane, la Russia avrebbe informato l’ambasciata Usa a Baghdad dell’inizio dei raid per evitare sovrapposizioni e incidenti tra l’aeronautica russa e quelle della coalizione anti-Isis guidata da Washington. Il segretario di Stato americano ha detto esplicitamente che gli Stati Uniti temono che lo scopo della Russia possa in realtà essere quello di proteggere Assad. E da New York anche il ministro degli Esteri francesi Laurent Fabius ha dichiarato che ci sono indicazioni secondo le quali le incursioni russe non hanno avuto come obiettivo l’Isis” Da Mosca smentiscono. Stando al portavoce del ministero della Difesa, generale Konashenkov, i caccia russi hanno colpito otto basi dell’Isis sulle montagne siriane effettuando in tutto circa 20 voli, e soprattutto non sono state usate armi aeree russe contro infrastrutture civili. Tutt’altra la versione fornita da Khaled Khoja, il leader dell’opposizione politica siriana spalleggiata dall’Occidente, secondo cui le incursioni russe avrebbero ucciso 36 civili nella zona di Homs, dove, secondo lui, non sono presenti jihadisti dell’Isis o qaedisti. Mentre l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), denuncia l’uccisione di almeno 27 civili, tra i quali sei bambini della stessa famiglia, sempre nella provincia di Homs, ma in raid dell’aviazione governativa siriana. La richiesta di un intervento militare russo in Siria, comunque, era arrivata direttamente da Assad, ha fatto sapere la Russia, definendosi l’unico Paese ad intervenire contro l’Isis nel rispetto del diritto internazionale perché, ha sottolineato il portavoce del Cremlino precisando che l’Iraq non ha chiesto il sostegno di Mosca contro i jihadisti, operazioni militari all’estero sono possibili solo sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu o su richiesta delle autorità legittime del Paese interessato.

 

 

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