Bocciato il ‘modello Umbria’. Il voto non peserà sul Conte bis

Il voto alle elezioni regionali in Umbria può rappresentare uno spartiacque nella politica nazionale. Il primo vero test elettorale dopo la nascita di una alleanza parlamentare ed un governo insolito, del resto come già avvenuto con il Conte 1, boccia il colore giallorosso. Il responso delle urne passerà alla storia: dopo più mezzo secolo, una roccaforte della sinistra passa a destra. Piccola o grande che sia o si voglia considerare la regione umbra, le urne domenica hanno scritta una pagina indelebile della storia: uno spostamento a destra senza precedenti. Una vittoria secca, senza appelli. Venti punti percentuali di distacco sul secondo sono tanti. Ha vinto su tutti e tutto Matteo Salvini. Ha perso o meglio fallito, in questo caso, quell’esperimento che a fatica tiene banco a Roma. L’alleanza tra Pd e M5S non ha retto l’onda d’urto dell’ex ministro dell’Interno che ha vinto una scommessa contro tutti. Zingaretti, Di Maio e lo stesso presidente del consiglio ora hanno chiaro che se continueranno a sventolare lo spettro di Matteo Salvini e della destra ‘sovranista’ rispetto ad una politica vera e territoriale, saranno costretti ad assistere ad altre sconfitte. Domenica non si è assistito ad un voto di protesta dei cittadini umbri contro la gestione del potere di una sinistra locale finita negli ultimi mesi nel tritacarne giudiziario. Si è assistito ad un investimento su una alternativa all’attuale maggioranza che sostiene il governo. Il trend cui si è assistito nel corso degli anni della storia repubblicana secondo cui la politica nazionale ‘influenzava’ quella territoriale questa volta non ha funzionato. Il ‘modello Roma’ che avrebbe dovuto trainare il ‘modello Umbria’ non è piaciuto agli umbri. Pd ha retto l’onda d’urto. Il M5S continua a perdere consenso sul territorio: in un anno e mezzo di governo ha perso tre quarti dei propri voti. I pentastellati pagano l’assenza di una ossatura sul territorio, questo è certo, ma la sconfitta alle europee sembra aver insegnato poco ai ragazzi di Grillo. La protesta per raggranellare voti ha funzionato prima ma ora che è forza di governo il Movimento è chiamato a scelte diverse. Devono, insomma, ancora diventare maggiorenni. E così nella battaglia delle battaglie, le elezioni regionali in Emilia Romagna più che in Toscana, per evitare di consegnare anche questa regione a Matteo Salvini, Zingaretti e Di Maio dovranno presentarsi ai nastri di partenza divisi per poi convergere in un eventuale ballottaggio. Questo consentirà loro di rimarcare le rispettive identità sul territorio, esigenza fondamentale soprattutto per il Pd, per ridare fiducia ai rispettivi bacini elettorali. Gridare al pericolo Lega non servirà a vincere sul territorio. Anzi rischia di irrobustire la destra in vista delle prossime elezioni politiche. I numeri, infatti, dicono questo: Salvini con la Meloni più Forza Italia per ora sono vincenti quasi ovunque. Il centro destra unito a trazione leghista si rafforza e naviga a vele spiegate. Il centro sinistra è da costruire e il ‘modello Umbria’ è perdente. Frenare la Lega con una nuova legge elettorale potrebbe portare ancora ad ulteriori errori politici.

Il voto in Umbria non inciderà più di tanto sul Conte due ma aprirà ad una fase di riflessione politica. I due azionisti di maggioranza saranno obbligati a restare uniti così come Renzi non sarà tentato dal staccare la spina, nonostante le sue rassicurazioni. Il governo andrà avanti nonostante qualche scossone di routine. Il Pd che ha rischiato tanto nell’alleanza con il M5S dopo la crisi di ferragosto tentando di trasformare la coalizione che sostiene Conte in una compiuta e strategica alleanza politica deve rivedere i propri piani dopo la bocciatura ufficializzata sul blog delle stelle. Per Di Maio l’esperimento è fallito. Zingaretti aveva sperato nel successo del ‘modello Umbria’ per garantire quanta più longevità al governo. Ma così non è stato e deve cambiare linea. Una alleanza ibrida passata sotto le insegne del primato della società civile è stata più che infruttuosa. I due partiti a Roma sono obbligati ad essere uniti sui territori andranno quasi sempre divisi. Ma ora serve, a livello centrale, una svolta ed una capacità politica costruttiva per evitare il rischio di mostrarsi all’esterno come due forze litigiose il cui unico collante è l’anti salvinismo e la deriva a destra.  Alternative al rimanere assieme per ora non ce ne sono, ma si entra in una situazione di incertezza.

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