A sinistra il malumore è forte per quella sorta di autosufficienza che il Pd renziano è accusato di coltivare quando evoca il 40 per cento.I pontieri dem, da Lorenzo Guerini ai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, continuano a mandare segnali di apertura. Lo stato maggiore del partito è al lavoro per fare appello a tutti per una solida alleanza di centrosinistra, che faccia riferimento ai temi concreti, da quelli in discussione nella legge di Bilancio al programma futuro.
Al momento dall’ala orlandiana sono stati predisposti due documenti. Nel primo viene ribadita la vocazione maggioritaria del Pd e sottolineata la necessità di lavorare alla creazione di un campo largo di centrosinistra. Nel secondo viene indicata la strada per conseguire l’obiettivo attraverso una serie di proposte sulle legge di Bilancio che possano incontrare il favore degli ex compagni di Mdp. Ma gli ordini del giorno della minoranza potrebbero essere superati dalla relazione di Renzi se, come viene confermato da fonti Pd, riassumerà quanto chiesto dalla minoranza. E che potrebbe essere votata all’unanimità.
In Direzione nazionale i numeri sorridono al segretario: su 120 membri eletti, 84 sono quelli di maggioranza, 24 gli orlandiani, 12 gli ‘emiliani’.
Anche se i venti franceschiniani si schierassero contro Renzi insieme alle minoranze, i 64 renziani ortodossi avrebbero la meglio. Insomma, negli organi che gestiscono il partito, Renzi non rischia nulla. Metterlo in minoranza, a meno di rivolgimenti oggi impensabili, non è possibile.
La verità è che la pressione sull’ex premier al Nazareno è fortissima, anche da una parte rilevate dei suoi. Perché la rottura a sinistra equivale a perdere il grosso dei collegi. E in parecchi hanno apprezzato l’appello di Veltroni che sottolinea il rischio di una spaccatura, ma senza esiti. Renzi è convinto che anche in caso di corsa solitaria è vincente: ‘Vedrete in Emilia e Toscana, vinciamo anche da soli’.
E convinto, al tempo stesso, che non ci sia apertura programmatica che tenga, ma che la vera richiesta di quelli che sono usciti è che si tolga di mezzo, indicando un altro candidato premier.
Il capitolo dell’alleanza tra Pd e Mdp, al netto di questo ennesimo giro di appelli e controappelli è chiuso. E la direzione del Pd assomiglia alla famosa assemblea di febbraio in cui si consumò la scissione. A microfoni spenti dice un dirigente dem di peso: ‘Non accadrà nulla di sostanziale. Per fare un’alleanza con Mdp dovremmo resettare quel che abbiamo fatto e non sta in natura. E loro non possono permettersi nessun accordo con noi sennò perdono la metà dei voti che hanno’.
Bisogna stare alla realtà, dice Roberto Speranza, e la realtà è che ‘serve una alternativa a Grillo, Salvini, Berlusconi e Renzi’.
All’assemblea di ‘Campo Progressista’ non si respirava il clima da lista alleata del Pd. Le conclusioni l’ex sindaco di Milano le ha lasciate a Ciccio Ferrara, anche lui più duro di Pisapia: ‘Non abbiamo avuto mai e poi mai un ascolto dal Pd e in questi ultimi due giorni ci chiamavano, ci supplicavano. E perché si sono ricordati solo oggi?’.
Roberto Cristiano