Trump licenzia il capo dell’Fbi, James Comey

Alla fine James Comey è stato licenziato. Da Donald Trump, che ora può nominare a suo piacimento il nuovo capo dell’Fbi. Scelto da Barack Obama nel 2013 e sopravvissuto alle polemiche sorte sul finire della campagna elettorale per la sua gestione dell’emailgate riguardante Hillary Clinton, Comey è stato silurato con effetto immediato ieri.

 Una mossa giudicata da molti scioccante dal momento che si verifica mentre la polizia federale americana,  guidata dallo stesso Comey,  sta conducendo un’inchiesta sulla presunta interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016 e sui potenziali legami tra lo staff di Trump e funzionari russi. Non a caso l’opposizione democratica, che subito ha fatto paragoni con lo scandalo Watergate, ha chiesto la nomina di un procuratore speciale affinchè porti avanti il Russiagate. Comey è il secondo e unico direttore dell’Fbi ad essere stato cacciato: lo stesso destino toccò nel 1993 a William Sessions; allora alla presidenza c’era Bill Clinton.

Il 45esimo presidente americano ha preso la decisione legalmente lecita ma politicamente controversa seguendo le raccomandazioni del segretario alla Giustizia Jeff Sessions,  che ha dovuto astenersi dal cosiddetto Russiagate su cui indaga anche il Congresso dopo che è emerso che aveva mentito sotto giuramento sui suoi incontri con l’ambasciatore russo, e dal suo vice Rod Rosenstein.

Sono arrivato alla conclusione che abbiamo bisogno di un nuovo inizio alla guida dell’Fbi,  ha scritto al presidente l’ex senatore Sessions, considerato uno dei super falchi dell’amministrazione, e devo raccomandarle di rimuovere il direttore Comey ed identificare un individuo di esperienza e qualificato.

In una  lettera altamente critica di Rosenstein viene precisato che le azioni e le affermazioni di Comey avevano compromesso la reputazione dell’agenzia: ‘La reputazione e la credibilità dell’Fbi  hanno subito danni notevoli e hanno colpito l’intero Dipartimento di Giustizia per il modo in cui Comey ha gestito la conclusione dell’inchiesta sulle mail di Clinton’, riferendosi evidentemente al fatto che il direttore dell’Fbi ha stabilito che non vi erano prove sufficienti per procedere ad un’azione penale: ‘Io non capisco il suo rifiuto di accettare il praticamente universale giudizio sul fatto che si sia sbagliato’, si legge ancora sul memo.

A sottolineare la completa eccezionalità della misura, Comey non è stato avvisato prima del licenziamento ed ha appreso la notizia, insieme al resto dell’America, dai media mentre era in missione a Los Angeles per incontrare nuove reclute dell’Fbi. Intanto, un collaboratore della Casa Bianca, Keith Schiller, che per anni è stato il bodyguard di Trump, si recava al quartier generale della Casa Bianca per consegnare all’ufficio del direttore la lettera di licenziamento: ‘Pur apprezzando notevolmente il fatto che mi abbiate fatto sapere, in tre diverse occasioni, che non sono sotto inchiesta, non posso che concordare con il dipartimento di Giustizia: Lei non è in grado di guidare in modo efficace il bureau ed è licenziato e rimosso dall’incarico con effetto immediato’.

Nella stessa missiva, l’inquilino della Casa Bianca ha spiegato che è essenziale trovare una nuova leadership nell’Fbi per ristabilire la fiducia del pubblico nella sua missione vitale.

Qualche giorno fa Comey era stato chiamato a testimoniare sulle possibili relazioni tra il comitato che si è occupato della campagna elettorale di Trump e Mosca.

L’Fbi è una delle istituzioni più rispettate e lodate della nostra nazione, ha detto il portavoce di Trump in una nota. La mossa segna un nuovo inizio per il gioiello delle forze dell’ordine Usa. La ricerca di un successore qualificato e con esperienza è già iniziata. Il mandato di Comey sarebbe dovuto scadere nel 2023.

La decisione improvvisa di Trump ha subito provocato un’ondata di proteste al Congresso, anche da parte di alcuni repubblicani. A cominciare da Richard Burr, il presidente della commissione Intelligence, che sta indagando sul Russiagate, l’inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni e sulle presunte relazioni tra lo staff di Trump e la Russia, che secondo molti è all’origine della clamorosa mossa della Casa Bianca.

Il repubblicano si è detto preoccupato dalla tempistica e dalle motivazioni del licenziamento che, ha ammesso, confonde ulteriormente la già difficile inchiesta della commissione. Inchiesta con cui, ha concluso Burr, Comey ha sempre collaborato in modo chiaro e diretto, mostrando molto più disponibile nel passare informazioni di ogni altro direttore dell’Fbi che io ricordi.

Alle preoccupazioni di Burr aggiunte anche quelle di John McCain, presidente della commissione Forze Armate, e Bob Corker, presidente della commissione Esteri, che si sono uniti alla richiesta della minoranza democratica di nominare un procuratore indipendente per il Russiagate.

Tutti ricordano come Trump lodò Comey per aver riaperto, pochi giorni prima del voto, l’inchiesta sulle mail della sua avversaria, da Clinton ritenuta la causa della sua sconfitta. E il modo caloroso con cui l’accolse nel loro primo incontro, dopo la vittoria di novembre, quando comunicò l’intenzione di confermare al suo posto il super poliziotto che Barack Obama aveva nominato alla guida dell’Fbi nel 2013.

Casa Bianca e Fbi erano ai ferri corti da mesi, soprattutto perché l’amministrazione chiedeva a Comey di indagare con maggior forza le fughe di notizie sul Russiagate, fonte di grande imbarazzo per la Casa Bianca. Mentre, da parte sua, il direttore resisteva a rendere questa una priorità rispetto invece al contenuto dell’inchiesta stessa. Riguardo invece alle accuse di aver gestito in modo non giusto la vicenda Mailgate, fonti sottolineano come l’ispettore generale del Dipartimento di Stato che ha avviato un’indagine interna su come Comey ed il suo vice abbiano gestito la vicenda non ha ancora completato la sua revisione.

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