Referendum sulla giustizia, tra partiti e Nicola Gratteri

Cinque quesiti, una giornata per votare, il quorum del 50%. Sono i numeri del referendum sulla giustizia sul quale ci si potrà esprimere il 12 giugno, in concomitanza con il voto per le amministrative. Promosso da Lega e Radicali, il referendum è stato accolto con minore o maggiore entusiasmo dalle forze politiche, anche in base ai singoli quesiti che riguardano il processo penale, l’ordinamento giudiziario, e il Csm, ancora oggetto di riforma in Parlamento.

In particolare i quesiti puntano ad abrogare in tutto o in parte la legge Severino, sull’incandidabilità e l’ineleggibilità di politici e amministratori locali condannati per mafia, terrorismo o reati contro la pubblica amministrazione, e la custodia cautelare prima della sentenza definitiva. Intervengono inoltre sul tema della separazione delle funzioni dei magistrati tra giudici e pubblici ministeri; della necessità di raccogliere le firme per le candidature al Csm; della valutazione dei magistrati.

Il primo quesito propone l’abrogazione integrale della legge del 2012, che porta il nome dell’allora ministro della Giustizia e che prevede la sospensione o la decadenza degli amministratori locali anche in caso di condanna non definitiva. L’abrogazione rimanda ai giudici la competenza sull’interdizione dai pubblici uffici dei politici condannati. Il secondo quesito punta a eliminare un parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale e, nello specifico, la parte che motiva la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari con il pericolo di reiterazione del reato.

Per quanto riguarda i quesiti sulla magistratura, per il referendum sulla separazione delle carriere, la scelta della funzione dovrebbe avvenire a inizio carriera e rimanere definitiva, mentre oggi è possibile passare dal ruolo di giudice a quello di pm e viceversa anche per quattro volte. Il quesito sulla raccolta delle firme per presentare la candidatura al Csm punta poi ad arginare il peso e l’influenza delle correnti nell’elezione dei membri del Consiglio. Infine, sulla valutazione dei magistrati, che oggi è affidata esclusivamente ad altri magistrati, il referendum  punta a includere nel processo di valutazione anche avvocati e docenti universitari.

A favore di tutti i quesiti, oltre ai promotori di Lega e Radicali, sono espressi Forza Italia, Italia Viva e Azione. FdI è a favore di quelli sui magistrati, ma contrario a quelli sulla Severino e sulla custodia cautelare. Il Pd ha lasciato libertà di voto, mentre il M5s è contrario a tutti.

Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, da 30 anni sotto scorta, spara  contro Draghi e Cartabia criticandone le posizioni ambigue sui temi della giustizia e della sicurezza, soprattutto in relazione al disimpegno nella lotta alla criminalità organizzata e alle mafie.

Non è certo la prima volta che Gratteri, considerato dal potere un magistrato scomodo è fastidioso per i suoi modi franchi, spicci e diretti nel dire ciò che pensa senza seguire i riti delle ipocrisie istituzionali di facciata, prende di petto il governo: “Nel suo discorso di insediamento Draghi non ha detto una sola volta la parola mafia. Ha un piano? Una visione? Vorremmo sapere se ha delle proposte per contrastare le mafie. Ma credo che la giustizia e la sicurezza non interessino questo governo e che Cartabia non sia il ministro che serviva all’Italia. Appena nominata ha incontrato il Garante dei detenuti e Nessuno tocchi Caino, i magistrati li ha incontrati dopo un mese. Non cambia nulla? Forse. Ma la forma è sostanza. E questo fa capire l’indirizzo di questo governo. Hanno trovato più di 28 milioni di euro per costruire le Case dell’Amore, un luogo dove i detenuti possono incontrarsi per 24 ore con moglie, marito e amanti. Avete idea dei messaggi che possono essere mandati all’esterno grazie a questa idea? Questo abbiamo portato a Palermo nel 30esimo anniversario della strage di Capaci, quando tutta la politica è andata a onorare Falcone, le Case dell’Amore. Le mafieoggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico, ma non esisterebbe la mafia senza la relazione con le classi dirigenti, sarebbe criminalità comune. La mafia ha bisogno del territorio e del consenso popolare, il boss ha bisogno di pubblicità, è un imprenditore. Così la ‘ndrangheta si è presa la Calabria e un quarto di Milano. Certe cose bisogna dirle. Io mi sono creato una vita da recluso, ma sono libero di dire quello che voglio perché non appartengo a nessuna corrente. Il silenzio è complicità. Proprio nei giorni scorsi ho indirizzato al ministro Cartabia una interrogazione sullo scandaloso stanziamento di 28 milioni di euro per costruire le casette dell’amore, per consentire ai detenuti di fare sesso.

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