Quando sono le colpe dei figli a ricadere sul padre

‘In nome del padre’, edito da Kairòs nel 2019, è il terzo romanzo pubblicato da Massimiliano Amatucci. Avvocato napoletano, con una passione speciale per la letteratura, esordisce nel 2016 a quarantatré anni con ‘L’agnello di Dio’, primo capitolo di una serie poliziesca che ha per protagonista il commissario Profumo.

Stavolta si tratta di una storia d’azione, avvincente e dotata di tutti gli ingredienti classici del genere con, a mio avviso, una predilezione per i modelli cinematografici che sembrano ispirare il ritmo decisamente incalzante degli eventi. Ritmo non inceppato dall’introspezione psicologica che, pur senz’altro presente e importante, non rallenta mai la progressione della storia. Affatto classico invece l’originale prologo del romanzo che rivela il particolare talento di Amatucci nell’invenzione e nella costruzione della trama.

Della trama appunto è possibile svelare solo la mera intelaiatura se non si vuole guastare al lettore il piacere della scoperta graduale che è parte del genere. È lo stesso titolo a fornire un indizio tematico decisivo: il «padre» di cui si parla è Dio, ed è in suo nome che agiscono i protagonisti del romanzo, collocati apparentemente sulle sponde opposte di due religioni in guerra fra loro ma accomunati in realtà da una visione integralista del mondo e della spiritualità. Protagonisti e comprimari cercano rispettivamente di portare a termini e di sventare «un attentato terroristico senza precedenti», come recita la quarta di copertina, muovendosi soprattutto tra Londra e Parigi. Napoli è lo scenario che fa da sfondo all’antefatto e alla chiusura ideale della parabola dei personaggi principali.

L’autore ha scelto di adottare una narrazione di tipo oggettivo, la più adatta a presentare un atteggiamento laico nei confronti del fondamentalismo religioso che lui stesso ha indicato come uno dei presupposti cardine del libro. L’oggettività è il risultato però di un alternarsi, a tratti fulmineo, dei punti di vista soggettivi dei personaggi. Questo significa che non ci sono buoni e cattivi? Non è del tutto così. Sentimenti personali, impulsi psicologici peculiari ed anche la fallibilità di tutte le azioni umane interferiscono con i piani di entrambe le parti, ma il conflitto fra l’ordine morale e le motivazioni individuali è risolto in modo molto diverso.

Tutti gli attori sono consapevoli dell’illegalità delle proprie azioni ma, se da una parte il Credo è usato come una provvidenziale giustificazione per assecondare i propri istinti o il bisogno di riscatto personale e l’avversario è totalmente disumanizzato, dall’altra la logica del fine che giustifica, e in questo caso richiede, i mezzi non è mai usata in chiave autoassolutoria. La responsabilità morale individuale rimane ed anzi è parte integrante del fardello che la scelta di campo porta inevitabilmente con sé.

Mi sembra il caso di menzionare un ultimo importante ingrediente della ricetta proposta da Massimiliano Amatucci, la lingua. Indiscutibilmente giusta la scelta di uno stile asciutto e diretto, con periodi brevi e spesso paratattici. Si adatta perfettamente sia al genere che ad una trama ricca di eventi. Contrariamente a quanto si pensa comunemente, questo è uno degli stili di scrittura più difficili da maneggiare. Qua e là, soprattutto nella prima parte, sarebbe stata necessaria una maggiore precisione nella scelta dei vocaboli e soprattutto un lessico più uniforme nel registro stilistico. Il romanzo si legge comunque con grande piacevolezza anche grazie all’ indubbia capacità dell’autore di descrivere con nitida chiarezza le scene d’azione. Perfino le sequenze più rocambolesche sono raccontate in modo cristallino. Un pregio non da poco per una spy story. È evidente che il genere gli è congeniale e che dovrebbe continuare su questa strada.

Arianna Trapani

Massimiliano Amatucci

In nome del padre

Kairòs Edizioni 2019

Collana Maigret

Pagine 252

Prezzo € 15.00

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