Lega e 5 Stelle rischio di corto circuito

Lo scontro a distanza tra Di Maio e Salvini sulla sorte dei profughi a bordo della Sea Watch, dimostra quanto la questione legata ai migranti incida sugli equilibri di governo, già di per sé precari. Inoltre si inserisce in un quadro istituzionale molto complesso che scaturisce dalla rivolta di alcuni sindaci e governatori di alcune regioni, contro il decreto sicurezza che vieta l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo. Per questi motivi il rischio di un corto circuito è assai probabile e quindi è d’uopo che ciascuno stia al suo posto senza invadere il campo altrui onde evitare di esasperare i toni. Ci sono confini che nessun esponente politico e istituzionale dovrebbe mai superare. Le leggi promulgate vanno osservate e se si ritiene che siano contro i principi e leggi sancite nella Carta Costituzionale, occorre contestarle nelle sedi opportune. I sindaci non possono far ricorso alla Consulta, ma esistono altri soggetti deputati a farlo. In attesa di ciò non possono non osservare le leggi dello Stato, perché sarebbe pericoloso far passare il messaggio che si può legittimamente disobbedire contro ciò che non sembra giusto, fornendo scuse a chi abitualmente viola le leggi. Un altro confine che non si deve superare, è il rispetto del ruolo che si ricopre. Molto spesso, Salvini dimentica di essere il Ministro degli interni e si rivolge agli avversari politici allo stesso modo, con frasari sconci, come se si rivolgesse ai delinquenti. Ha bollato i sindaci e i governatori delle regioni con il termine ‘traditori’. Sempre più spesso il titolare del Viminale non si rende conto del suo ruolo, evidentemente si è ubriacato con i sondaggi che ormai da mesi accreditano la Lega quale primo partito e quindi è sicuro di vincere le europee di maggio. In ciò aiutato anche dal malumore che serpeggia tra i 5 Stelle che non sopportano a volte le sue proposte legislative. E non è un caso che Di Maio lo abbia sfidato proprio sul caso dell’accoglienza dei profughi della Sea Watch. Salvini dovrebbe riflettere anche sul fatto che fare il Ministro degli Interni, significa seguire un protocollo ben preciso, perché si occupa della sicurezza dei propri cittadini e non può assolutamente alzare i toni se non vuol aumentare ancora di più la rabbia e l’intolleranza. Soprattutto si dovrebbe preoccupare di rispettare i principi della Costituzione quando propone o presenta un provvedimento. Fino ad oggi l’Intero Paese ha reagito alle sue esternazioni con calma e compostezza. E’ indispensabile voltare pagina, moderare i toni, rientrare nei ranghi istituzionali, accettare il confronto politico e le critiche di chi ritiene le scelte di questo governo dannose o sbagliate. Agendo con pacatezza e senza pregiudizio o disprezzo per l’altrui pensiero si possono mantenere ferme le proprie posizioni e rifiutare le eventuali proposte di cambiamento. Ma questo potrà accadere solo alla fine di un lungo cammino che tenga conto delle ragioni di tutti.

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