Il 5 marzo del 1950 nasceva la Uil.   La nascita della UIL è avvenuta per tappe, ed è frutto sia delle scissioni generate dalla CGIL unitaria, sia dei rimescolamenti politici in seno ai partiti politici italiani nel primo dopoguerra repubblicano, in particolare nell’area socialista. Il 3 giugno 1944, con l’Italia ancora in guerra, Giuseppe Di Vittorio per il Partito Comunista Italiano, Achille Grandi per la Democrazia Cristiana ed Emilio Canevari (in sostituzione di Bruno Buozzi ucciso dai nazisti) per il Partito Socialista Italiano firmano il patto di Roma. In seguito a tale patto si costituì la CGIL unitaria. Essa si prefiggeva di dare rilievo all’unità di tutti i lavoratori italiani indipendentemente dalle opinioni politiche e dalle credenze religiose e fu il frutto della politica di cooperazione tra i partiti antifascisti del CNL. Le tre correnti, comunista, socialista e cattolica convivevano sotto lo stesso tetto in nome dell’unione di tutti i lavoratori e della lotta antifascista.

Il 5 marzo 1950 alla Casa dell’Aviatore a Roma 253 delegati parteciparono al convegno costitutivo dell’Unione Italiana del Lavoro (Uil), a forte carattere socialdemocratico e riformista. La proposta del nome fu avanzata da Arturo Chiari del PSU e si rifaceva alla Uil prefascista. In realtà la UIL dell’Italia repubblicana deve l’omonimia per la volontà di Arturo Chiari e di altri sindacalisti provenienti dalla precedente Uil di adottarne il medesimo nome pur riconoscendone la chiaradiversità.

Tra i protagonisti di quel giorno possiamo annoverare Italo Viglianesi, Enzo Dalla Chiesa e Renato Bulleri del PSU, Raffaele Vanni e Amedeo Sommovigo del PRI, sindacalisti del PSLI, numerosi indipendenti e personaggi autorevoli come il partigiano ed ex Presidente del Consiglio Ferruccio Parri. Presidente dell’assemblea fu il senatore Luigi Carmagnola.

Nella dichiarazione programmatica approvata vennero indicati i ‘cinque pilastri’ fondanti della Uil:

  • indipendenza dai partiti, dai governi e dalle confessioni religiose.
  • valorizzazione dell’autonomia delle federazioni di categoria.
  • adozione del metodo democratico con partecipazione attiva dei lavoratori.
  • unità d’azione con le altre due organizzazioni confederali CGIL e CISL.
  • intervento su tutti i problemi di politica sociale ed economica ogni volta che siano in gioco le sorti della classe lavoratrice.

A seguito di una mozione dei delegati meridionali, anche l’impegno per il Mezzogiorno venne incluso nella dichiarazione.

La prima pagina del numero del 10 marzo 1950 del Lavoro Italiano con in evidenza il titolo a otto colonne sulla fondazione della UIL

L’atto costitutivo della UIL del 5 marzo 1950 inclusivo dei cinque punti programmatici alla base del convegno costitutivo di Roma.

La prima tessera d’iscrizione alla UIL (1950)

Il vecchio simbolo della Uil utilizzato fino ai tardi anni ottanta del secolo scorso.

Da notare che i primi tempi furono particolarmente difficili, poiché l’atto di ribellione alla politica americana di fusione nella LCIGL costò a lungo alla UIL scarsi appoggi politici e scarsissimi mezzi. Nonostante le difficoltà dei primi anni la UIL si affermò tra i lavoratori italiani, sia dei comparti privati che di quelli pubblici, superando i 400.000 iscritti già alle fine del 1950.

Chiari,  Sommovigo,  Bacci,  Bigi,  Carmagnola,  Pagani,  Ramella,  Raffo, e tanti altri illustri personaggi che  fecero la Uil, senza dimenticare l’ autorevolezza e la cultura di  Ignazio Silone,  Ugo La Malfa,  Leo Valiani,  Giuseppe Romita,  Ugo Mondolfo e i compagni di ‘Italia Socialista’, Garosci e Vittorelli, Codignola e a tanti altri in Italia che insieme agli amici di fuori, ai fratelli Reuther, del grande sindacato d’America, il Cio, a Vanni Montana, ai compagni delle Inglesi Trade Unions, ai compagni dei sindacati tedeschi.

Erano gli anni bui del sindacalismo ‘cinghia di trasmissione’ dei partiti o se si vuole, di un solo grosso partito, di un Pci stalinista, che l’unità fittizia del Patto di Roma, gli aveva reso il dominio assoluto del sindacato.

Né, certo, lo sforzo di indipendenza di Giuseppe Di Vittorio. Erano gli anni assurdi della lotta al Piano Marshall…

Erano gli anni in cui parlare di europeismo era una bestemmia e  non riconoscere il sindacalismo guida degli stalinisti era andare, nella migliore delle ipotesi, incontro ai fischi, alle urla di tradimento, alle minacce, alle scomuniche, anche dello stesso ‘apparato’, come si chiamavo allora  nel Partito Socialista.

La Uil non aveva paura di affermare che non c’era niente di più antisindacale, di più reazionario,  in URSS.

La Uil chiedeva l’uscita della Centrale Internazionale Sindacale Comunista dalla FSM e  chiedeva l’alleanza con i sindacati liberi dell’Occidente. La Federazione sindacale mondiale, in sigla FSM  è un’unione sindacale internazionale nata a Parigi il 3 ottobre 1945 in sostituzione della Federazione sindacale internazionale. Alla conferenza fondativa di Parigi presero parte i rappresentanti di 67 milioni di iscritti provenienti da 56 paesi diversi. Il suo scopo era di unire tutti i sindacati del mondo sotto un’unica organizzazione sulla falsariga di quanto stava accadendo per l’ONU. Nel 1949, a seguito dei contrasti sorti in seguito alle dispute sul piano Marshall e più in generale nel clima iniziale da guerra fredda, molte organizzazioni sindacali di stampo occidentale lasciarono l’organizzazione per fondare l’International Confederation of Free Trade Union. La FSM venne così a configurarsi come un’organizzazione a forte stampo comunista rientrante nell’orbita d’influenza dell’URSS. In seguito anche le organizzazioni di Yugoslavia e Cina lasciarono la WFTU quando sorsero differenze ideologiche fra i loro governi e l’URSS.

 Diceva Valiani: ‘Con Di Vittorio si poteva parlarne, ma solo parlarne perché poi i fatti erano diversi’. Si, i fatti erano insoluti, erano espulsioni. Il compagno Vittorelli, riferendosi ai sindacalisti socialisti autonomisti diceva: ‘Quando uscirono dalla CGIL compirono un vero atto di coraggio. Quando poi, insieme a repubblicani e indipendentisti, fondarono la il, il coraggio sfiorò la temerarietà’.

Dovevamo lottare su tutti i fronti: nelle fabbriche, con la Confindustria per essere riconosciuti interlocutori, con la CGIL, malgrado la lungimiranza di Di Vittorio, con la CISL e gli americani della AFL, che in Italia conducevano, insieme ad alcuni rappresentanti del loro governo, una lotta contro la Uil che rasentava il ricatto, per  emarginarli dentro e fuori del nostro paese.

La Uil cominciò a vincere. Passò alla Fiat, alla Viscosa, alla Pirelli, nei cantieri navali, passò nelle miniere, passò tra i dipendenti dello stato, negli enti locali, nel commercio e nelle campagne.

Vennero le grandi camere sindacali di Torino e di Milano, di Ravenna e di Forlì, di Roma, di Napoli e di Palermo e tante altre. Si formarono i quadri sindacali, arrivarono a migliaia i membri di commissione interna e, facendo gruppo con i vecchi, con i Chiari e con i Sommovigo,  i giovani-vecchi della UIL Vanni, Dalla Chiesa, Rossi, Simoncini, Corti, Benevento, Gatti e tanti altri ancora che furono artefici  della Uil.

Cocis