“Fiori d’acciaio” fa ridere e piangere la Sala Umberto

Fino al 20 febbraio in scena alla Sala Umberto di Roma “Fiori d’acciaio”, uno spettacolo imperdibile, di certo tra i migliori della stagione corrente.

I registi, Michela Andreozzi e Massimiliano Vado si cimentano nel riadattamento tutto italiano di Steel Magnolias, opera teatrale del drammaturgo statunitense Robert Harling, portata al debutto a New York nel 1987.

L’opera è liberamente ispirata a un fatto accaduto all’autore, ossia la morte della sorella Susan Harling-Robinson nel 1985 per complicazioni legate al diabete dopo aver dato alla luce il nipote omonimo del drammaturgo.

Non più ambientato nella Louisiana, il “Fiori d’acciaio” proposto al teatro diretto da Alessandro Longobardi,  è ambientato a Sorrento così come i nomi delle protagoniste non sono quelli originali. La storia, però, è la stessa: la vita di sei donne legate da una profonda amicizia che frequentano la parrucchiera di Tamara, una di loro. In particolare, la pièce si concentra su un arco di tre anni a partire dal matrimonio di Stella, figlia di una componente del sestetto, e la diagnosi di diabete di tipo 1 che non le permette di affrontare senza rischi una gravidanza. Stella ama, Stella vuole avere un figlio frutto del suo amore, è dolce, romantica, ottimista e determinata. Decide quindi di avere un figlio nonostante questo la costringerebbe ad interrompere le cure, compromettendo così la propria salute. Nonostante le richieste della madre di riconsiderare la propria decisione, Stella rimane incinta e dà alla luce un figlio, ma il gesto le costa la vita. A consolare la madre ci penseranno le sue amiche di sempre che, come suggerisce il titolo, sono delicate come fiori ma forti come l’acciaio.

L’huomor è quello inglese, si ride tanto, senza mai ausilio di volgarità e parolacce. Si piange altrettanto , lacrime calde senza mai necessità di ricorrere alla retorica. Un’opera perfettamente recitata dalle sei protagoniste calate nei loro personaggi: Tosca D’Aquino,  Rocío Munoz Morales, Emanuela Muni, Emy Bergamo, Martina Difonte, Giulia Weber compongono un racconto corale di donne differenti ma che riescono a solidarizzare veramente e ad abbracciarsi, a cercare di stemperare il dolore fortissimo e tenere dritta la barra della vita. Ambientato negli anni 90, è allietato da canzoni, alcune cantate delle attrici stesse, che ci riportano a quegli anni. Da sottolineare la dirompenza e la fisicità di Emanuela Muni.

La dimensione spirituale emerge in modo costante, apparentemente come vocazione ma allo stesso tempo come unico appiglio per reagire alle ingiustizie. Significativa anche l’assenza totale delle figure maschili e la capacità delle protagoniste di rendersi artefici del proprio destino.

La scena, ideata da Carlo Marino, è unica ed è ovviamente la parrucchiera di Tamara. Adatto a tutti, dalle ragazzine di 11 anni alla nonna di 90. Adatto anche agli uomini che vogliono capire meglio le donne che amano.

Barbara Lalle

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