Benvenuto il silenzio elettorale

E’ proprio il caso di dirlo. Benvenuto! Quarantotto ore senza ascoltare false promesse e alimentare fatue speranze, giravolte e ingerenze. Nelle ultime ore abbiamo assistito anche all’aspro scontro tra il centrodestra e la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha reso dichiarazioni inopportune alla vigilia del voto in Italia. A differenza del tono sobrio della Meloni, si è visto un Salvini adirato, che con il suo atteggiamento non ha fatto altro che avvalorare i sospetti di una sua posizione antieuropeista e filo moscovita. Per non parlare poi di Silvio Berlusconi che dinanzi ad un Bruno Vespa attonito ha tirato fuori tutta l’indulgenza possibile nei confronti di Putin , giustificando il suo intervento in Ucraina e mandando nel pattume il suo passato filo atlantista. Ieri, poi, la solita smentita, tipica ormai di un Berlusconi appannato che mostra tutto il peso della sua veneranda età. Ma quello che più ha sconcertato in questa anomala campagna elettorale è la mancanza di visione di tutti gli schieramenti politici, il desiderio di rivalsa, lo scontro ad ogni costo, l’assenza di un dialogo, che non fanno altro che indebolire ancora di più il Paese in un momento storico contrassegnato da una crisi economica drammatica e con l’incombente pericolo di un conflitto bellico mondiale. A giorni ci troveremo ad affrontare problemi di bilancio, di posizionamento internazionale, di forti tensioni sociali dovute ad un’inflazione che cresce di giorno in giorno, provocando l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei beni di prima necessità. Occorrerà coesione non solo della maggioranza che governerà, ma del Paese intero. Si sbandierano a destra e a sinistra promesse di riforme costituzionali che finiranno come già avvenuto in passato, nel nulla. O addirittura si è sentito qualcuno parlare di riforme fatte a colpi di maggioranza, quasi facendo paventare una sorta di ritorsione nei confronti dell’avversario politico. Un coro di voci scellerate ed insipienti che non si rendono conto che una maggioranza non può prescindere dal ruolo dell’opposizione. Va cancellata l’opinione che i delicati equilibri tra i poteri dello Stato, sanciti nella nostra Carta Costituzionale,  possono essere scambiati a secondo della convenienza delle forze partitiche, quasi come se l’instabilità ormai patologica del nostro sistema politico, dipendesse dal numero dei parlamentari o dal fatto che la nostra è una democrazia parlamentare. E’ sempre più evidente che questo male endemico deriva dall’inadeguatezza della classe politica e dalla sua incapacità di cogliere i segnali di un mondo e di una società che sta per cambiare velocemente ed in modo inedito. Dobbiamo, quindi, augurarci che i vincitori del venticinque settembre siano in grado di agire in modo diverso dai loro predecessori e non dimentichino subito i vantaggi offerti dal governo uscente di unità nazionale presieduto da Mario Draghi. Pur con i suoi limiti e qualche errore di impostazione, ci ha offerto grosse coperture a livello internazionale; l’anno e mezzo dell’esecutivo Draghi ci ha liberato dai fantasmi del populismo e del sovranismo e la sua azione non potrà facilmente essere archiviata, pur nel rispetto dei nuovi equilibri politici che sortiranno dalle urne. Diversamente si farà un passo indietro nella storia senza una  via d’uscita.

Andrea Viscardi

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