Migrante suicida: Regione Puglia paghera’ rimpatrio salma

 

“Abbiamo ricevuto la bella notizia che la Regione Puglia vuole accollarsi interamente i costi del trasporto in Gambia della salma del migrante 22enne che si e’ tolto la vita lunedi’ scorso. Ci e’ stata comunicata dall’Arci che, a sua volta, ha preso contatti con la Regione Puglia. E’ una bella attestazione di vicinanza e di solidarieta’, verificheremo stamattina stessa come stanno le cose e come procedere al meglio”. Lo dice Enzo Pilo’, rappresentante di Babele, l’associazione che si occupa di assistenza ed accoglienza migranti nel Tarantino, i cui collaboratori del centro di Castellaneta sono stati tra gli ultimi a vedere Javo Amadou prima che si suicidasse sul terrazzo dell’abitazione di Castellaneta Marina dove era ospite di alcuni suoi connazionali. L’associazione Babele, gia’ ieri, aveva lanciato una sottoscrizione, indicando l’iban di un conto corrente presso la filiale di Milano di un istituto di credito, per raccogliere fondi per il rimpatrio della salma del giovane gambiano. Servono 5mila euro per il trasporto, aveva detto l’associazione. “E subito – afferma Pilo’ – abbiamo ricevuto tante chiamate di gente che ha versato la propria offerta perche’ la salma del giovane tornasse nel proprio Paese. Abbiamo fatto appello alla soldiarieta’ dei cittadini e non abbiamo chiesto da subito alcun aiuto alle istituzioni, ma adesso la notizia che la Regione Puglia e’ pronta ad accollarsi le spese e’ un buon segnale, un qualcosa che ci fa piacere”. La notizia della morte del giovane gambiano ha avuto clamore mediatico. Lo conferma lo stesso Pilo’. Nella serata di ieri il Viminale e’ intervenuto sulla vicenda chiarendo che il 22enne aveva un permesso di soggiorno con scadenza a marzo 2019. In Italia aveva chiesto lo status di rifugiato (protezione internazionale). Domanda, pero’, respinta il 7 dicembre 2016. Era seguito il ricorso contro quel no, e la scorsa settimana, il 12 ottobre, il giudice si era riservato la decisione. Il ministero dell’Interno ha, inoltre, comunicato che i Carabinieri, intervenuti sul luogo del suicidio per le indagini, hanno raccolto le dichiarazioni dei suoi compagni, i quali hanno attribuito il gesto a uno stato depressivo in cui il 22enne versava. Secondo gli inquirenti, il giovane aveva anche manifestato l’intenzione di tornare in Gambia usufruendo dei rimpatri assistiti.

“Dopo che aveva visto sfumare la possibilita’ di accedere alla protezione internazionale, Amadou – racconta Pilo’ – aveva fatto ricorso al Tribunale in attesa della decisione, la Questura gli aveva rilasciato un permesso temporaneo di soggiorno, ma dentro di se sapeva gia’ di dover tornare nel suo Paese. E da loro chi torna perche’ respinto, non viene giudicato bene. Viene ritenuto un fallito, uno che non e’ riuscito a realizzarsi. Ecco, questo probabilmente gli pesava molto e a quel punto ha compiuto il gesto estremo: farla finita”. Leda Verdieri, responsabile del centro di Castellaneta di Babele, centro frequentato da Amadou, dice: “Non so cosa il giovane facesse in Gambia prima di venire da noi, ne’ se avesse o meno famiglia. Certo che questi ultimi giorni, nel nostro centro di Castellaneta sono stati di grande sconforto. La notizia ha colpito e addolorato tutti e, in particolare, i circa dieci ospiti gambiani che sono da noi”. Secondo Pilo’, il fatto che la domanda di protezione internazionale di Amadou fosse stata rigettata non costituisce una novita’. “Quasi tutte – spiega Pilo’ – vengono rigettate e sono molto poche quelle che vengono accolte. Negata quindi la protezione internazionale, gli restava un’altra possibilita’: la protezione umanitaria. Ma anche questa via d’uscita, che pure veniva percorsa sino a poco tempo fa, adesso non e’ piu’ percorribile perche’ l’ha eliminata il recente decreto Sicurezza. E ci sono tanti giovani migranti che vivono con forte preoccupazione questo restringimento”. Prima di trasferirsi a Castellaneta Marina, Amadou era stato in assistenza presso un centro del Leccese dal quale era poi andato via. L’associazione Babele, che nel Tarantino si occupa di circa 150 migranti tra centri di assistenza e Sprar, non lo aveva nei suoi programmi di assistenza ma gli offriva comunque ospitalita’ nei suoi locali. “Veniva da noi – raccontano Pilo’ e Verdieri – per incontrare altri connazionali, stare in compagnia, usare il Wi-Fi. Noi siamo soliti non negare questi rapporti. Cerchiamo di dare aiuto a chi ha necessita’. Ma negli ultimi tempi – dicono ancora Pilo’ e Verdieri – Amadou era triste. Qualcosa lo stava segnando. Ce l’hanno detto anche i suoi compagni”.

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