Toghe di magistrati appese in un ufficio del Tribunale di Roma in una immagine di archivio. ANSA / ALESSANDRO BIANCHI

Lettera di protesta al Governo di mille magistrati contrari alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri

“Una riforma che non porterebbe alcun beneficio sul piano della rapidità ed efficacia del sistema penale”. È quanto sostengono oltre mille magistrati, tra giudici e pubblici ministeri, nel documento inviato alla premier Meloni e al ministro della Giustizia, Nordio, nel quale esprimono un “no” netto alla riforma costituzionale che punta ad introdurre la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e quella giudicante. Nella sottoscrizione promossa dal procuratore di Ascoli Monti si afferma che la riforma non darebbe risposte alle “aspettative di ciascuno per una giustizia giusta, imparziale ed equanime”. Una riforma che per le 1.028 toghe firmatari, e per altre 576 in pensione, “comporta i rischi concreti verso una dipendenza gerarchica del pubblico ministero dal Governo e un controllo da parte della maggioranza politica sull’esercizio della azione penale e sulla conduzione delle indagini”. Un controllo che a detta dei firmatari “sarebbero una conseguenza della separazione delle carriere e della discrezionalità dell’azione penale di cui la riforma pone le chiare premesse, tant’è che nella quasi totalità dei Paesi dove vi è la separazione delle carriere vi è anche la dipendenza dei pm dal Governo, con la differenza non secondaria in molti di tali Paesi della presenza del giudice istruttore a presidiare la indipendenza e imparzialità delle indagini”. Per i firmatari si tratta, infine, di una riforma “che andrebbe a toccare equilibri delicatissimi rischiando di erodere i principi di uguaglianza di ciascuno davanti alla legge, di trasparenza e imparzialità nell’esercizio dell’azione penale e di esercizio autonomo e indipendente della giurisdizione”. L’iniziativa arriva a poche ore dal documento approvato sabato a maggioranza dall’Anm al termine del direttivo dell’associazione, in riferimento alla vicenda del giudice di Catania, Iolanda Apostolico, in cui si afferma che “attacchi e reazioni scomposte di esponenti del governo” hanno come scopo “intimorire ogni giudice che dovesse assumere un’interpretazione non gradita o allineata ad un certo indirizzo politico”. L’associazione ha quindi confermato lo “stato di agitazione sui temi dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura” e ha deliberato la convocazione di una assemblea su “gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati che hanno adottato provvedimenti in materia di protezione internazionale”.

I magistrati si dividono in seno all’Anm sul caso Apostolico, la giudice che ha liberato alcuni tunisini dai Cpr e finita nelle polemiche quando si è scoperta la sua partecipazione nel 2018 ad una manifestazione a Catania per far scendere i migranti a bordo di una nave della Guardia costiera e in cui si protestava contro l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’Associazione nazionale magistrati ha attaccato il governo accusandolo di voler intimorire i giudici. Ma non tutti hanno sottoscritto il documento finale. Un testo, «nel quale non potevamo riconoscerci, che contiene una vera e propria dichiarazione di guerra», spiegano i vertici di Magistratura indipendente, corrente che ha espresso voto contrario. «Chi lo ha approvato – aggiungono – dovrà assumersi la responsabilità di condurre la magistratura italiana tutta in una spirale di contrapposizione con la politica che ci farà apparire parte di uno scontro tra poteri dello Stato, e dunque politicamente schierati. Questo, secondo noi, è il vero agire politico, questo è il vero collateralismo dal quale prendiamo le distanze. Preferiamo continuare a cercare di valutare i fatti con animo giusto e sereno, da magistrati».

Posizione che ha ricevuto il plauso della Lega: «È doveroso ringraziare Magistratura indipendente per la saggezza e l’equilibrio a commento del documento dell’Anm che esaspera la contrapposizione istituzionale. Una posizione, quella di Mi, che certamente è condivisa dai giudici che non operano in base a pregiudizi o ideologia e che hanno provato imbarazzo per i colleghi che invece ignorano valori come sobrietà, autocritica, responsabilità».

La corrente moderata dell’Anm incassa il complimento, ma allo stesso tempo prende le distanze: «Se veramente la Lega condivide i valori della sobrietà della autocritica e della responsabilità allora cessino immediatamente gli attacchi personali ai magistrati e si cominci a parlare del contenuto dei provvedimenti». E qui si registra il vulnus di tutta questa polemica. La Lega non ha mai criticato la vita privata della giudice Apostolico, ma solo le sue prese di posizione pubbliche, come la partecipazione alla manifestazione di Catania o il post in cui si rilanciava una petizione per sfiduciare Salvini. Non è un caso che, nonostante la difesa di Apostolico, il segretario dell’Anm, Salvatore Casciaro,  abbia sottolineato che «l’imparzialità della decisione va tutelata anche attraverso l’irreprensibilità, la riservatezza e la prudenza dei comportamenti individuali, evitando di apparire all’esterno come soggetti di parte». Perché, come sosteneva Pietro Calamandrei, «è arduo codificare l’indipendenza. Occorrono certo la terzietà e l’imparzialità, ma occorre anche che terzietà e imparzialità siano assicurate sotto il profilo dell’apparenza».

Magistratura indipendente aveva presentato al direttivo un proprio documento che «conteneva – ricordano in una nota Stefano Buccini e Angelo Piraino, presidente e segretario di MI – una ferma condanna alla delegittimazione personale mediatica dei magistrati, alle critiche dei provvedimenti a prescindere dalla motivazione e ai toni scomposti delle affermazioni di alcuni esponenti politici», ma anche «un invito a riflettere su come questa situazione sia stata anche determinata da condotte inopportune di singoli e su come, in un momento così delicato della vita del paese, sia fondamentale che ciascun magistrato preservi il patrimonio di credibilità della magistratura italiana.

Lo abbiamo fatto per invitare tutti, politici e magistrati, a riflettere sui propri rispettivi errori, e chiedere un abbassamento dei toni, ma soprattutto per un dovere di correttezza nei confronti dei cittadini, nel nome dei quali amministriamo la giustizia». Quindi, la replica alle «accuse» provenienti dai colleghi di AreaDg: «Questo, secondo AreaDG, significa collateralismo al governo? Cercare con onestà, agendo da giudici, di vedere tutte le disfunzioni del sistema?».

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