Clandestini ‘liberati’ dal giudice di Catania. Ministero dell’Interno impugnerà il provvedimento

Il ministero dell’Interno impugnerà il provvedimento del Tribunale di Catania che ha negato la convalida del trattenimento di quattro migranti irregolari, propedeutica all’espulsione: la fondatezza dei richiami giuridici contenuti nel provvedimento sarà quindi sottoposta al vaglio di altro giudice. Una vera e propria sconfessione delle norme varate dal governo, quella realizzata dal giudice di Catania, nel nome della “insicurezza” dei Paesi dai quali i clandestini partono. Una interpretazione che al Viminale, ma anche alla stessa premier Giorgia Meloni, sa di matrice politica, visto che la legge, su quel punto, parla chiaro: chi non è in regola e non ottiene permessi umanitari va espulso.

“Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti, dovuta all’instabilità di vaste aree dell’Africa e del Medio Oriente. Il Governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa”, è la premessa contenuta in un post del presidente del Consiglio pubblicato di prima mattina. “Lo facciamo con serietà ad ogni livello: coinvolgendo gli altri Stati europei e stringendo accordi con i Paesi africani per fermare le partenze dei barconi e distruggere la rete dei trafficanti di esseri umani. E con norme di buon senso per facilitare le espulsioni di chi non ha diritto ad essere accolto. Un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione. Certo, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”, fa notare la Meloni che va al punto: “Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto. Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l’ultima. Ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità e i confini dello Stato italiano. Senza paura”.

“La procedura accelerata di frontiera, si osserva dal Viminale, rispetto alla sentenza di Catania, è uno degli aspetti che, già contenuto nella direttiva europea 2013/33/Ue, trova oggi l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo e che il Governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro. Peraltro relativamente a due dei provvedimenti di non convalida del trattenimento, si tratta di due cittadini tunisini destinatari di provvedimenti di espulsioni già eseguiti (ciò nonostante rientrati nel territorio italiano) che nel corso dell’udienza per la convalida hanno invocato in un caso la protezione per la necessità di “fuggire perché perseguitato per caratteristiche fisiche che i cercatori d’oro del suo Paese, secondo credenze locali, ritengono favorevoli delle loro attività (particolari linee della mano)”, nell’altro “per dissidi con i familiari della sua ragazza i quali volevano ucciderlo ritenendolo responsabile del decesso di quest’ultima”.

L’ Anm alza i toni contro il premier con  il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia che  spara a zero contro le parole di Giorgia Meloni che ha parlato di “attacco al governo” . “Esprimersi in questi termini crea confusione nella pubblica opinione, una confusione pericolosa: si rappresenta la giurisdizione come se non facesse il bene del Paese; e remasse contro gli sforzi che il governo sta facendo per contrastare l’immigrazione illegale. E’ una rappresentazione fuorviante- dice- , falsa che fa male alle istituzioni prima ancora che ai magistrati”. Fa l’offeso: “Non entro nel merito, ma di là del merito, che non discuto, perché è possibile che il provvedimento veda una revisione nei successivi gradi di giudizio. Ne faccio una questione di metodo: bisogna muoversi all’interno di un reciproco rispetto.  La giurisdizione non è un pezzo del governo, per fortuna, siamo un organo di garanzia autonomo e indipendente. Facciamo un altro mestiere, tuteliamo i diritti fondamentali delle persone, che in materia di immigrazione sono il nucleo centrale. E lo facciamo inserendo le normative nazionali in un quadro più complesso, della normativa sovranazionale ed europea, e guardando i principi e i valori costituzionali. E’ un lavoro complicato, dove si può anche sbagliare; ma che va guardato con rispetto. Non si può pensare che venga fatto guardando gli interessi del programma di azione del governo; che non deve essere ostacolato ma che non deve fare velo se un magistrato, nell’interpretazione libera delle norme, individua un problema e la necessità di dare la priorità alle fonti sovranazionali. Bisogna rispettarsi reciprocamente. Un magistrato può avere le sue idee ma quando esercita la giurisdizione lo fa nel rispetto delle norme; se viene meno questa convinzione viene meno la tenuta del sistema, dobbiamo intenderci se abbiamo a cuore il bene delle istituzioni oppure no, io credo che si debba tornar a un maggiore equilibrio”.

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