L'incendio nell'azienda Eco X, Pomezia, 5 maggio 2017. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Amianto Pomezia, Ona: “Indicazioni precauzionali ai cittadini”

C’era amianto nello stabilimento Eco X da cui si è generato il rogo di Pomezia, la cui nube tossica ha avvolto un’ampia porzione della campagna romana e del nord della Provincia di Latina.

Bruciore agli occhi, nausea e vomito, queste sono le dichiarazioni di coloro che hanno richiesto aiuto all’unità di crisi costituita dall’Ona e coordinata dal Presidente Ezio Bonanni, Antonella Franchi 3284648451 e Antonio Dal Cin 0773511463, che ormai ininterrottamente, da sabato mattina, rispondono al telefono e all’email (osservatorioamianto@gmail.com).

Fin da subito l’unità di crisi, costituita dall’Ona, si è attivata, con medici, tecnici e avvocati, per cercare di arginare le tremende conseguenze dello sprigionarsi degli agenti tossico-nocivi dal gigantesco rogo che dalla Pontinia Vecchia, in territorio di Pomezia, era percepibile anche a distanza di chilometri.

A tal proposito l’Ona ha stilato una serie di raccomandazioni importanti per la tutela dei cittadini coinvolti (Dipartimento di Prevenzione – Coordinato dal Prof. Giancarlo Ugazio, raggiungibile all’email: giancarlo.ugazio@grippa.org)

1)    Uso di maschere. Preferibilmente con FFP3, specialmente per coloro che vivono nelle zone limitrofe.  In base ai dati tecnici di illustrazione dei dispositivi disponibili, tali protezioni sembrano essere sufficienti;

2)     Divieto assoluto di mangiare frutta e verdura prodotta entro i 5 km dal rogo, e attenzione e quindi misure igieniche per tutti gli altri prodotti. Non sempre il solo lavare la frutta può essere sufficiente (il fatto che c’è stato vento e non la pioggia, potrebbe aver fatto disperdere le fibrille di amianto anche a distanze notevoli);

3)     Come pulire i terrazzi e balconi: La polvere depositata sui terrazzi e sui balconi potrebbe essere lavata con abbondante quantità d’acqua con sapone, tipo quello di Marsiglia; converrebbe non impiegare la candeggina per questa operazione di pulizia.

4)   Per quanto riguarda i pozzi: Se i pozzi sono chiusi con apposita copertura, non vi dovrebbero essere entrate quantità rilevanti delle polveri dei fumi dell’incendio tanto da rendere rischioso l’uso dell’acqua. Nel caso contrario, se i pozzi sono aperti, è assolutamente sconsigliato berne l’acqua, e sarebbe opportuno segnalare il rischio in modo adeguato. Ovviamente, chiuderli ora non basterebbe in quanto sono stati esposti a inquinamento almeno da due giorni. Potrebbero anche essere eseguiti accertamenti sui flussi dell’acqua per constatare se, eventualmente, i pozzi sono stati inquinati attraverso la falda.

5) Le istituzioni deputate ai controlli ambientali sarebbero tenute a monitorare le derive e gli spostamenti sia delle polveri di minerale (asbesto), sia dei composti nocivi che potrebbero essere stati generati dalla combustione di materiali organici in presenza del cloro (diossine), tenendo conto delle prevalenti direzioni dei venti. Queste entità metereologiche agiscono in modo avverso alla salute degli abitanti della zona interessata dall’incendio, favorendo l’aero-dispersione dei veleni su aree più ampie. Meglio sarebbe stato il contributo di detersione dato dell’acqua piovana, ma ciò non è programmabile.

6)      Per quanto riguarda gli accertamenti è importante mettersi nella zona corretta per il prelievo dei campioni da testare, in quanto, più lontano queste rilevazioni verranno fatte, meno veritieri potranno essere i risultati.

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