Violenza sulle donne e corteo nazionale a Roma di ‘Non una di meno’

Sono 84 gli omicidi di donne nei primi nove mesi del 2017, in calo rispetto ai 109 nello stesso periodo del 2016. Di questi 61 si sono verificati in ambito familiare, e 31 sono stati femminicidi, termine non giuridico ma di uso comune, che identifica l’omicidio di una donna da parte di un uomo come forma estrema di prevaricazione. Sono i dati aggiornati della Polizia sugli omicidi volontari, che non tengono ancora conto di quelli che si sono verificati negli ultimi due mesi. Secondo il rapporto Eures in 10 mesi sono state 114 le donne uccise.

E le cronache dicono che sono tre solo negli ultimi giorni: Maddalena Favole, 84 anni, uccisa domenica dal figlio in provincia di Cuneo; Anna Lisa Cacciari trovata morta lunedì nella sua cosa a Bubrio e Marilena Negri, la 67enne, accoltellata ieri al parco Milano. Le cifre degli ultimi 10 anni, dicono che gli omicidi volontari diminuiscono nel nostro Paese, ma non quelli in cui la vittima è donna, che erano, infatti, 150 nel 2007 e 149 nel 2016. Di conseguenza è aumentata la percentuale rispetto al totale, dal 24% degli omicidi nel 2007, al ben più grave 37% nel 2016. Il 73% avvengono tra le mura di casa e nel 56% dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner.

Ci sono poi quelli che le forze dell’ordine chiamano ‘reati spia’: stalking, maltrattamenti in famiglia e violenze sessuali. Tutti in calo quest’anno. Le denunce per stalking sono state 8.480 tra gennaio e settembre 2017, in calo del 15,76% rispetto alle 10.067 nello stesso periodo del 2016; i maltrattamenti in famiglia sono stati 9.818 a fronte di 10.876 nello stesso periodo del 2016; le violenze sessuali (di cui oltre il 90% su donne) 3.059 a fronte di 3.095 nello stesso periodo del 2106 (- 1,16 %).

I dati però vanno letti con attenzione: da un lato possono essere un segnale positivo nella lotta alle discriminazioni di genere, ma dall’altro, la riduzione delle denunce, può nascondere un sommerso di paura e solitudine. Un aspetto messo in rilievo dal Capo della Polizia, Franco Gabrielli che parla di un numero oscuro di chi non denuncia perché pensa ai figli, alle conseguenze, alla vergogna.  In tal senso è importante  la prevenzione che si fa con l’informazione e con le politiche sociali.

Per oggi, quando in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, indetta dall’Onu nel 1999, sono numerose le iniziative in tutte le città.

A Roma si terrà oggi la manifestazione nazionale ‘Non Una di Meno’, le cui organizzatrici propongono un piano per un cambiamento strutturale nel mondo della scuola, nella sanità, nel lavoro, nella giustizia e nei media. Montecitorio sarà aperto solo a visitatrici, per l’evento ‘#InQuantoDonna’, voluto dalla presidente Laura Boldrini. E in tutta Italia la Marina Militare illuminerà di arancione i suoi palazzi storici e monumenti.

‘Siamo la marea che ha attraversato le strade di Roma lo scorso 26 novembre. Siamo le stesse che l’8 marzo  hanno costruito il primo sciopero globale insieme alle donne di tutto il mondo, dalla Polonia all’Argentina, dagli Stati Uniti alla Turchia, dalla Spagna al Brasile. Il prossimo 25 novembre inonderemo di nuovo le strade di Roma, per lanciare un messaggio chiaro: non ci fermeremo finché non saremo libere dalla violenza maschile e di genere in tutte le sue forme’, è la dichiarazione di apertura di ‘Non una di meno’.

In un anno di mobilitazioni, campagne, assemblee nazionali e tematiche, mettendo in rete esperienze e saperi femministi, hanno scritto un Piano femminista contro la violenza maschile e di genere, uno strumento di lotta e di rivendicazione, un documento di proposta e di azione che sarà portato in piazza oggi,  a Roma.  Un documento politico femminista che considera la violenza maschile e di genere come fenomeno strutturale e sistemico, che non può essere affrontato aumentando le pene dei reati o con approcci emergenziali ma a partire dall’esperienza dei centri antiviolenza e del movimento femminista. ‘Per contrastare la violenza maschile e di genere nella sua complessità, non vogliamo più polizia nelle strade e nemmeno assistenza, ma autonomia, libertà e giustizia sociale!’, è il leitmotiv.  

‘Combattere la violenza maschile e di genere significa mettere in discussione la cultura e i rapporti sociali che la sostengono. Non abbiamo bisogno di tutori o guardiani, non siamo vittime e non ce la siamo cercata. Lottiamo per un cambiamento strutturale, a partire dalla scuola, dal lavoro, dalla salute, dall’amministrazione della giustizia e dai media, pretendiamo il rispetto dei nostri percorsi di libertà e autodeterminazione e della nostra indipendenza. Per questo reclamiamo i mezzi e le risorse per autodeterminarci e scegliere sulle nostre vite.

Il Piano è il nostro programma di lotta contro la violenza patriarcale e capitalistica. Non ci fermeremo di fronte agli stupri e femminicidi quotidiani. Non ci fermeremo fino a quando non otterremo la libertà dalla violenza sessista che viviamo nei posti di lavoro, dalle molestie, dalle discriminazioni e dagli abusi di potere, ma anche quella quotidiana dello sfruttamento e della precarietà. Non ci fermeremo finché non saremo libere dalla violenza che viviamo quando i tagli di bilancio programmati dai governi nazionali ed europei impoveriscono le nostre vite e attaccano i centri antiviolenza e la loro autonomia. Non ci fermeremo finché non saremo libere dalla violenza sui social media e dei giornali, che ci colpevolizzano o vittimizzano silenziandoci.

Non ci fermeremo finché non saremo libere dalla violenza del razzismo istituzionale e dei confini, finché gli stupri saranno strumentalizzati per giustificare il razzismo in nome delle donne. Non ci fermeremo finché non saranno abolite le misure istituzionali che di fatto espongono le donne migranti a quotidiane violenze nei campi profughi, come gli accordi bilaterali con Libia e Turchia, e che aggrediscono migranti, prostitute e donne trans in nome di un inaccettabile ‘decoro’, come le leggi Minniti.

Inonderemo lo spazio pubblico per affermare la determinazione delle nostre rivendicazioni, delle nostre pratiche quotidiane di cambiamento, mutualismo e solidarietà: la forza di migliaia di donne, trans e queer unite che si riconoscono nel #Metoo, Anche Io, per trasformarlo in #WeToogether, Noi Insieme.

Saremo nelle strade a lottare per la nostra autonomia. Vogliamo libertà di movimento nelle città e attraverso i confini, il potere di decidere delle nostre vite negli ospedali e nei tribunali, di scegliere il nostro destino fuori da ruoli che ci vengono imposti. Vogliamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo, welfare e diritti, per essere libere di scegliere sui nostri corpi e le nostre vite.

Non ci fermeremo: abbiamo un Piano!’.

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