La manifestazione di Roma per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, diventata sull’onda emotiva del femminicidio di Giulia Cecchettin un grande evento di massa, ha visto cori e insulti contro la premier Giorgia Meloni e attacchi a Israele. Come era scontato, dopo aver visto il manifesto dell’associazione Non una di meno. “Meloni fascista complice sionista”, “Israele criminale, Palestina immortale”: questi alcuni degli slogan urlati dalle attiviste del “Movimento femminista proletario rivoluzionario” sabato 25 novembre al Circo Massimo citati dal Corriere della Sera.
Diverse le bandiere della Palestina al Circo Massimo, esprimendo “solidarietà anche alle donne israeliane che sono state aggredite e stuprate. Abbiamo citato la Palestina perché è in atto una feroce aggressione alle civili e ai civili. È in atto un’occupazione da anni. E che Israele sia uno Stato di occupazione lo definisce l’Onu. La Guerra è l’espressione più alta del patriarcato. Dove lo stupro viene usato per il controllo. E questo è stato certamente fatto da Hamas, ma anche da altri eserciti. Come il nostro in Somalia”. La manifestazione era stata annunciata infatti anche come un corteo per la Palestina.
Immancabile Elly Schlein, arrivata a tempo di record da Perugia, dove ha partecipato al congresso di Sinistra Italiana. Sotto i flash dei fotografi si fa concede un abbraccio con il leader della Cgil, Maurizio Landini. Una chiacchierata a margine del corteo e la promessa di sentirsi presto. Sorride e parte alla carica. “Serve un salto in avanti nel Paese, non soltanto sulla repressione ma sulla prevenzione”. Parla di partecipazione eccezionale, ma non tutti gradiscono dopo le dichiarazioni della vigilia. La segretaria dem è l’unico leader in piazza. Non c’è traccia di leader di maggioranza né di opposizione.
La Schlein fa il suo comizio: “Serve un salto in avanti nel Paese, non soltanto sulla repressione ma sulla prevenzione. Vuol dire formazione delle operatrici e degli operatori delle forze dell’ordine delle pubbliche amministrazioni e della giustizia. Perché non ci sia più una donna che va a denunciare e non viene presa sul serio e non ci sia una valutazione inadeguata del rischio che corre. Significa anche partire dalle scuole, altrimenti sarà sempre troppo tardi per agire su quell’idea violenta, inaccettabile e criminale di un possesso e di un controllo sul corpo e sulla vita delle donne. Per questo serve un grande investimento culturale, va fatti con serietà: coinvolgendo i centri antiviolenza, vuole dire facendo un’educazione obbligatoria in tutti i cicli scolastici all’affettività e al rispetto delle differenze”.
Nel femminismo militante, Schlein non fa breccia: “Unità sui nostri corpi? Non nel nostro nome”, recita uno striscione al Circo Massimo che ritrae Schlein e Meloni che si danno la mano. “Così Schlein legittima la Meloni, legittima un Governo fasciosessista, all’insegna di Dio, patria, famiglia. Da questo punto di vista l’operato di Schlein è inaccettabile”, spiega a LaPresse Donatella, attivista del Movimento femminista proletario rivoluzionario, contraria alla convergenza tra maggioranza e opposizione sul contrasto alla violenza.
Decine di migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 500mila), attivisti e non, al corteo contro la violenza sulle donne a Roma. Partito nel primo pomeriggio da Circo Massimo in direzione San Giovanni, il serpentone si è mosso al grido di “Transfemministe ingovernabili”.
Ad aprire la manifestazione promossa da “Non una di meno”, a pochi giorni dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin uccisa per mano dell’ex fidanzato, i centri antiviolenza. “Oggi i maschi stanno dietro”, dicono gli organizzatori al megafono dal camion dove ci sono anche alcuni bambini. La marea fucsia contro la violenza di genere procede “con più rabbia che mai”. Per Giulia e per le tante, troppe, vittime di femminicidio si alza il coro “ci vogliamo vive. Contro il patriarcato”.
Non mancano i vip del mondo dello spettacolo (Cortellesi, Mannoia, Ozpetec), i cori contro il governo Meloni e le bandiere palestinesi.
Durante il corteo un gruppo di attiviste di Non una di meno lancia una protesta improvvisata davanti alla sede di Pro vita e famiglia in viale Manzoni. Le manifestanti aprono uno striscione con su scritto ‘voi pro vita, noi pro vibra’ e hanno acceso alcuni fumogeni. “Pro vita e famiglia, dopo un femminicidio, osa dire che non serve l’educazione affettiva a scuola – hanno detto dal megafono – Pro vita e famiglia incarna il patriarcato più becero. Noi non ci stiamo più. Non vi renderemo la vita facile”.
Non mancano momenti di tensione in una sorta di derby tra Palestina e Israele. Una donna che esponeva la bandiera palestinese è stata aggredita durante il corteo. A denunciarlo è la stessa vittima, Maya Issa, presidente del movimento studenti palestinesi. “Una donna mi si è avvicinata e mi ha detto di togliere la bandiera perché il corteo è contro la violenza sulle donne e non per la Palestina. E che ci sono donne stuprate da Hamas. Poi quando le ho detto di no, me la ha strappata dalle mani, dandomi due calci e urlando ‘terrorista’.
Non mancano cartelli contro il governo Meloni. Un’occasione sprecata per una mobilitazione trasversale, che vede la partecipazione anche di esponenti politici e giornaliste di destra. Un fuor d’opera che mal si concilia con l’approvazione all’unanimità della proposta di legge sui femminicidi targata Roccella e votata alla Camera a tempo di record.
Roma è l’unica piazza: decine di manifestazioni in tutta Italia hanno scandito le denunce contro la violenza di genere. Al Senato e alla Camera porte aperte le luci rosse (colore simbolo della Giornata) accese fino a tarda notte. Illuminato di rosso anche il Colosseo, mentre il Palazzo Senatorio si è tinto di arancione.