Tregua Lega-Fratelli su autonomie e premierato, tutto slitta a dopo le Europee

Si fa strada l’ipotesi del 18 giugno per il voto sul premierato al Senato. “È un’ipotesi ancora non formalizzata, ma è un’ipotesi concreta”, ha detto il presidente, Ignazio La Russa, dopo la capigruppo a Palazzo Madama sulla riforma costituzionale che ha deciso di contingentare i tempi, fissando in 30 ore il limite per la discussione sugli emendamenti.

La decisione, oltre a offrire tempi ragionevoli per il confronto e il voto, sgombra anche definitivamente il campo dalle illazioni sul fatto che la maggioranza, con FdI in testa, aspirasse a un risultato propagandistico, ovvero un’approvazione buona da spendere in chiave elettorale. “Ho cercato una via che mettesse fine a un racconto che partiva dal presupposto che l’obiettivo della maggioranza fosse quello di chiudere prima delle elezioni”, ha chiarito La Russa, sottolineando che “nessuno mi ha mai fatto pressioni, ho proposto di fissare il voto addirittura la seconda settimana dopo le elezioni”.

L’autonomia differenziata avrà il lasciapassare nella prossima settimana: mercoledì nell’aula della Camera è previsto il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità. Spiega Igor Iezzi, il leghista che sta seguendo la partita, che si andrà poi avanti in modo “semplice e veloce”. Fino a incrociare il voto con il premierato. Il 18 giugno al Senato la “madre di tutte le riforme” arriva al voto,  il primo di quattro,  e quello stesso giorno, o il giorno precedente, a Montecitorio sarà davvero l’ultimo miglio dell’autonomia.

Un intreccio che le opposizioni definiscono “uno scambio”, alla faccia della democrazia parlamentare e della Costituzione. Le tensioni tra i meloniani e i leghisti hanno raggiunto una tregua. Fragile per la verità e che sarà messa alla prova del voto post europee. Il presidente di Palazzo Madama, Ignazio La Russa ha dovuto  mediare, dopo che la Lega aveva messo paletti e sollevato dubbi sul premierato così com’è stato scritto e soprattutto sul legame con la nuova legge elettorale di cui non c’è neppure una bozza, tanto per capire quali saranno le linee di indirizzo che la ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati vuole imprimere. Matteo Salvini e Roberto Calderoli, il ministro che ha materialmente scritto la riforma, non sono a loro volta riusciti nell’accelerazione su cui puntavano, cioè l’approvazione definitiva a Montecitorio prima delle europee. Però neppure Giorgia Meloni ha ottenuto il primo ok al premierato prima dell’8 e 9 giugno. Lega e Fratelli d’Italia sulle riforme si marcano a vista.

Dopo il richiamo del cardinale Zuppi sul premierato, poi è stato il giorno di un documento della Cei di preoccupazioni proprio sull’autonomia.

Reagisce Calderoli, che parla di un pregiudizio della Cei: “Apprendo con stupore che ci sarà un documento dell’episcopato italiano sulle preoccupazioni in merito all’autonomia differenziata. Ma non abbiamo avuto occasione di un confronto, l’abbiamo chiesto, abbiamo provato a organizzarlo, ma non ci è stato risposto”.

E in queste ultime settimane di campagna elettorale per le europee partono le iniziative sull’autonomia. Calderoli sarà in Veneto, roccaforte della richiesta di federalismo “fai da te” della Lega. Mentre a Napoli oggi, sabato, sarà la volta di una grande manifestazione per la Costituzione organizzata da “La via maestra”, coordinamento nazionale di oltre 150 associazioni e movimenti tra cui la Cgil e proprio il segretario Maurizio Landini concluderà gli interventi in piazza Dante.

Comunque i tempi anche per l’autonomia saranno contingentati. Simona Bonafè, capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali della Camera, denuncia un metodo che non rispetta neppure la normale dialettica democratica. Pd, M5Stelle, Avs, +Europa, Azione e Italia viva sono in trincea. L’ostruzionismo è dietro l’angolo.

“Abbiamo deciso di fare il contingentamento perché non possiamo tenere bloccata l’Aula. La maggioranza – ha spiegato il presidente del Senato – mi aveva chiesto 20 ore e le ho portato a 30 complessive. Alla fine della settimana prossima spero che fisseremo congiuntamente la data di chiusura. Avrei evitato questo contingentamento se avessimo deciso di comune accordo, all’unanimità la data di chiusura. Non è stato possibile, ci arriveremo per altre vie”, ha concluso La Russa, sottolineando che il suo obiettivo era portare “maggiore serenità”.

All’opposizione, però, non va bene neanche così. E, dopo lo scontro mediato da La Russa durante la capigruppo, ha continuato a usare toni barricaderi. “Non ci possono essere accordi da parte nostra, andremo avanti con la nostra opposizione molto dura in Parlamento e nel Paese”, ha detto il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia, continuando a sostenere la narrazione di “uno scambio politico tra Meloni e Salvini”, ma comunque dando “atto al presidente La Russa di aver cercato di guidare questo processo dentro una sostanziale unità dell’aula”. Un riconoscimento che arriva anche delle pur polemicissime file M5s. “Evidentemente l’opposizione ha la necessità di stare sulle barricate fino al giorno delle europee almeno, però la nostra determinazione va avanti”, ha commentato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.

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