Interrogatorio fiume per Giovanni Toti. Depositata una memoria difensiva

Il governatore, prelevato dalla sua abitazione di Ameglia, è entrato dal varco di via dei Pescatori a bordo di un’auto nera,  assistito dall’avvocato Stefano Savi, nella caserma della Guardia di finanza all’interno del porto – scelta per cercare di evitare l’assalto dei giornalisti – e risponde alle domande degli inquirenti sulle accuse che gli vengono mosse: dalla contestazione sui soldi finiti nelle casse del suo comitato, ai suoi rapporti con l’imprenditore Aldo Spinelli; dalle presunte pressioni per garantirgli dei vantaggi, all’ipotesi di voto di scambio.

Tutto al centro di quello che in ore e ore di faccia a faccia si delinea ormai decisamente come un interrogatorio fiume che, richiesto e atteso dal governatore Toti che, ancora una settima fa, tramite il suo legale in merito all’incontro odierno ribadiva: «Non ho commesso alcun reato. Ora penso ad arrivare all’interrogatorio preparato per dimostrare la correttezza del mio operato».

È durato oltre otto ore l’interrogatorio del presidente della Liguria Giovanni Toti davanti ai pm di Genova, che indagano sulla presunta corruzione in Regione. Toti, assistito dall’avvocato Stefano Savi, ha risposto a tutte le contestazioni mosse dalla Procura, che aveva preparato oltre 100 domande. Il governatore, inoltre, ha depositato una memoria di 17 pagine, a corredo dell’interrogatorio.

La memoria depositata da Toti ha lo scopo di spiegare, come emerso, “le linee politiche e morali che, da quando ho assunto l’onore di guidare Regione Liguria, hanno sempre informato l’attività perseguita dalla Giunta regionale nella unica prospettiva di servire il bene e l’interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni”. Nella memoria Toti sottolinea che “c’è da parte mia la ferma volontà di collaborare alla ricostruzione della verità” per restituire “alla mia figura di uomo e di servitore dello Stato la dignità che ho costantemente cercato di preservare”.

“Nel mio percorso politico – scrive Toti – ho sempre cercato di perseguire l’interesse pubblico, il quale è il fine ultimo della mia azione politica. Tale fine è seguito non già mediante la contrapposizione con le rivendicazione dei privati quanto piuttosto attraverso la veicolazione di queste verso l’interesse della collettività e del territorio, modalità con la quale si realizza la migliore essenza dell’interesse pubblico,  così come nell’intero impianto accusatorio si analizza solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, Presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto”.

“Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo”, si legge ancora nel documento, che sottolinea che “mai tale attenzione si è estrinsecata nel superare o modificare il parere dei propri uffici o le istruttorie degli organismi terzi, vedi gli uffici di autorità portuale. Il mio intervento in sede politico/funzionale si è sempre limitato strettamente al percorso autorizzativo tracciato dagli uffici preposti in ogni campo, circoscrivendosi a chiedere una attenzione coerente con le esigenze di rapidità del mercato, o di realizzazione delle opere sollecitate dagli altri organi amministrativi e di governo (porto, strutture Commissariali del sindaco Bucci) ovvero a sollecitare, all’interno dei percorsi amministrativi e legislativi, la solerzia e l’attenzione dei Comuni Liguri nel realizzare i piani strategici regionali”.

Quanto ai contributi economici ricevuti, “ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati”, si legge nella memoria, nella quale Toti ricorda che “ogni dazione di denaro  stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute sono state rendicontate e pubblicizzate in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno”.

Toti deve decidere se continuare a difendersi come presidente “sospeso” della regione o dimettersi e affrontare le accuse come semplice cittadino.

Questa decisione è resa ancora più pressante dalla vicinanza delle elezioni regionali del 2025, per le quali Fratelli d’Italia (FdI) e Lega già si contendono posizioni.

L’interrogatorio di Giovanni Toti è durato quasi nove ore e la memoria ribadisce che tutte le transazioni finanziarie sono state tracciabili e rendicontate, con i bilanci pubblicati sui siti delle organizzazioni politiche a suo sostegno.

Nel documento, Toti ha anche trattato la questione del presunto voto di scambio, sostenendo che il sostegno della comunità Riesina, accusata di aver contribuito con 400 voti, non avrebbe alterato gli equilibri democratici, considerando che aveva vinto le elezioni con circa 380 mila voti.

L’inchiesta ha messo in luce un trasferimento di 55.000 euro dal conto del Comitato Toti a un conto personale presso Carige, utilizzato per sostenere spese politiche. La Guardia di Finanza ha precisato che il conto Carige era utilizzato abitualmente come “conto politico”.

L’interrogatorio di Toti rappresenta il primo passo verso la richiesta di revoca degli arresti domiciliari, che verrà presentata al giudice per le indagini preliminari.

La situazione di Toti ha creato tensioni all’interno della Regione Liguria. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha già escluso la possibilità di un terzo mandato per Toti, mentre i contrasti tra la Lega e la Lista Toti aumentano. Alessandro Piana, leghista e presidente ad interim, ha annunciato l’intenzione di ridistribuire alcune deleghe, mentre Fratelli d’Italia ha suggerito la possibilità di elezioni anticipate in autunno, con la possibile candidatura di Stefano Balleari, capogruppo in Regione.

Le opposizioni non hanno mancato di esprimere il loro disappunto. Ferruccio Sansa, capogruppo della Lista Sansa in Consiglio regionale, ha dichiarato: “Questi sono marziani. Toti è ai domiciliari e il centrodestra vorrebbe andare avanti come se niente fosse. Toti deve dimettersi”. Sansa ha anche criticato il presidente della commissione Ambiente, Domenico Cianci, indagato per corruzione elettorale con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa ‘ndrangheta.

Anche il Partito Democratico ha criticato aspramente la gestione della situazione da parte del centrodestra. Luca Garibaldi, capogruppo del Pd, insieme a Roberto Centi della Lista Sansa, ha denunciato: “Il centrodestra ha votato contro l’audizione di Anac e Libera nella Commissione antimafia del Consiglio regionale della Liguria, dove volevamo capire gli strumenti utili a combattere la corruzione e l’infiltrazione mafiosa nella nostra Regione. Come pensano di governare se non sanno affrontare temi come la legalità e la trasparenza? Si dimettano”.

In occasione della convention elettorale “Al centro dell’Europa” organizzata da Forza Italia al PalaTiziano di Roma, Antonio Tajani, segretario nazionale del partito, ha espresso la sua opinione riguardo alla situazione di Giovanni Toti. Tajani ha chiarito che la decisione di dimettersi spetta esclusivamente a Toti: “Toti deve dimettersi? La decisione spetta a lui, vediamo come andrà l’interrogatorio, cosa decideranno i giudici, è Toti che deve decidere. Se gli revocheranno i domiciliari si apre un’altra situazione”.

Tajani ha criticato duramente coloro che chiedono dimissioni a prescindere dalle conclusioni delle indagini giudiziarie, sottolineando l’importanza del principio di presunzione di innocenza: “Le inchieste della magistratura non possono fermare l’Italia: il governo va avanti, non sta fermo, i cantieri vanno avanti, concordo con Salvini, guai se le inchieste fermassero l’Italia. Ricordiamolo sempre: è l’inquirente che deve dimostrare che una persona è colpevole”.

Tajani ha ribadito che il processo giudiziario deve seguire il suo corso naturale e che solo dopo che i giudici avranno espresso un verdetto si potrà discutere di eventuali responsabilità.

Il partito sottolinea che le opere pubbliche e i progetti infrastrutturali devono proseguire senza impedimenti, evitando che l’attività amministrativa venga paralizzata da vicende giudiziarie non ancora concluse.

In una nota trasmessa poco prima dell’ultimo interrogatorio, il senatore genovese del Movimento 5 Stelle, Luca Pirondini, ha espresso forti critiche riguardo alla situazione: “Secondo l’ipotesi investigativa, quel denaro è il frutto delle tangenti versate da Aldo Spinelli, l’imprenditore che piegava il decisore pubblico ai suoi interessi tra incontri in barca e regali”. Pirondini ha sottolineato come gli imprenditori onesti, che operano nella correttezza e trasparenza, siano costretti a lottare lontano dai centri di potere, mentre altri traggono vantaggio da pratiche corruttive.

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