Una veduta di Palazzo Chigi dove è in corso un nuovo vertice di governo sul testo del decreto di Agosto, Roma 6 agosto 2020. MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Si è tenuto ieri  a palazzo Chigi il vertice tra governo e opposizioni sul salario minimo

Il centrosinistra punta a un salario parametrato alla media dei contratti nazionali con la soglia minima a 9 euro.  Rampelli, vicepresidente FdI della Camera invita a un “confronto senza pregiudizi” ma osserva  che la soglia proposta “è ideologica”. La segretaria del Pd Schlein auspica che la premier cambi idea perché nel video dove ha parlato del tema “dimostra di non aver letto la nostra proposta”. Calenda avverte che “il rischio che poi alla fine non si riesca ad uscire con una posizione unica è molto alto”.

Le opposizioni mettono sul tavolo la loro proposta unitaria per una paga non inferiore ai 9 euro all’ora, ma la presidente del consiglio Giorgia Meloni l’ha già bocciata: “Rischia di peggiorare la situazione” con il co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, che è tornato a chiedere: “Cosa ci ha convocato a fare?”. Il governo garantisce che l’atteggiamento sarà di ascolto e confronto veri, perché c’è la convinzione che quello delle retribuzioni sia un tema preminente. Ma la premier si prende del tempo per fare una sintesi che tenga conto sia di quanto emergerà al tavolo col centrosinistra, sia dei progetti non sempre coincidenti delle forze di maggioranza: “C’è il margine per presentare insieme alle opposizioni una proposta seria contro i salari bassi”, ha detto Meloni nei giorni scorsi. I leader del centrosinistra arrivano a Palazzo Chigi con una proposta di legge comune – che tiene insieme tetto minimo orario e contrattazione collettiva. La segretaria Elly Schlein ha in serbo un paio di argomenti da sottoporre a Meloni: “Ci aspettiamo risposte anche sui ristori per famiglie e imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna  e sulle mancate dimissioni di De Angelis”, dopo le affermazioni sulla strage di Bologna. Ma Azione ha frenato: “Chi pensa di aprire la voce ‘varie ed eventuali’ per affrontare altri argomenti – ha detto Osvaldo Napoli – sappia che si intesterà il fallimento del vertice”. E Calenda: “Se ognuno inizia ad alzare le bandierine si esce con un nulla di fatto”.

Anche nel governo c’è chi ritiene che le opposizioni commetterebbero uno sbaglio se mettessero sul tavolo altre questioni, perché sarebbe meglio dedicarsi ai salari e poi – è il ragionamento – non è Palazzo Chigi la sede più idonea per affrontarle. Il M5s è concentrato sulla proposta di legge delle opposizioni: “Non è una bandierina che stiamo sventolando dal punto di vista ideologico – ha detto Giuseppe Conte – E’ un obiettivo concreto di tutela di 4 milioni di lavoratori che sono sottopagati. E’ un principio di civiltà”. E sulla pagina Facebook, il Movimento ha postato un testo del 2019 attribuito a FdI, in cui il salario minimo veniva definito un “provvedimento necessario”. Al di là di come andrà l’incontro a Palazzo Chigi, i tempi della discussione sono già dettati. Alla Camera, la maggioranza ha messo in stand by l’emendamento che avrebbe affossato sul nascere la proposta di legge delle opposizioni, rinviando all’autunno. Ma quando la discussione riprenderà in Aula, le forze di governo saranno chiamate a presentare delle alternative. Le linee ci sono. Anche se non tutte sulle stesse tracce. “La posizione di FI è chiarissima – ha detto il viceministro Francesco Paolo Sisto – i contratti pirata vanno adeguati alla contrattazione collettiva di riferimento”. Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (FdI), ha parlato anche di “un corollario di iniziative che, di fatto, aumenterebbero le buste paga” e dell’intervento sul cuneo fiscale “che farebbe arrivare più soldi in busta rispetto alla sola applicazione di 9 euro”. Leader e responsabili Lavoro dei partiti di opposizione partecipano all’incontro a Palazzo Chigi sul salario minimo. Per il governo ci saranno la presidente del consiglio Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone e i sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano. Per il Pd, la segretaria Elly Schlein è accompagnata dalla responsabile Lavoro del partito, Maria Cecilia Guerra. Il presidente del M5s Giuseppe Conte avrà al suo fianco l’ex ministra Nunzia Catalfo, coordinatrice del comitato Politiche del lavoro del Movimento. Per Azione il leader Carlo Calenda e il capogruppo alla Camera Matteo Richetti. Per Più Europa  presenti il segretario Riccardo Magi e il deputato Benedetto della Vedova. Per Avs, Sinistra italiana sarà rappresentata dal leader Nicola Fratoianni e dal capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Francesco Mari, e i Verdi dai co-portavoce Angelo Bonelli e Eleonora Evi e dalla capogruppo alla Camera Luana Zanella.

La chiusura di Giorgia Meloni al salario minimo è totale: la premier giudica rischiosa la proposta sostenuta con forza da M5S e PD, poiché imporrebbe gravi oneri alle aziende, rischiando di mandare fuori mercato le più fragili. Sono cinque le controproposte che il governo mette sul tavolo per spostare dal salario minimo l’asse della trattativa con le opposizione. La prima proposta riguarda i contratti collettivi. Si prevede di “estendere la contrattazione collettiva applicando, laddove non c’è, il contratto di categoria che può essere considerato di riferimento”, come ha spiegato al Corriere della Sera il senatore leghista Claudio Durigon. Non si tratta del terreno di confronto più ostico dal momento che nella loro proposta le opposizioni chiedono di inserire un meccanismo per il quale “al lavoratore di ogni settore” debba essere “riconosciuto il trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi”.

La seconda proposta riguarda gli appalti pubblici. Il governo intende scorporare gli stipendi degli operai dai fattori che determinano quel massimo ribasso che permette alle aziende di vincere le gare. La logica del massimo ribasso rischia di spingere all’ingiù gli stipendi dei lavoratori e di tagliare su tutto ciò che può essere tagliato, comprese le spese sulla sicurezza. La terza proposta riguarda il ruolo Cnel (quel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, oggi presieduto da Renato Brunetta, che Matteo Renzi con il suo referendum puntava a sopprimere) e il ruolo dell’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), cioè l’ente che rappresenta lo Stato nelle trattative per i contratti nazionali. Cnel e Aran dovrebbero lavorare insieme per “controbilanciare gli effetti dei cosiddetti contratti pirata“. La quarta proposta punta a varare misure volte a far crescere gli stipendi da gennaio 2024. L’indiscrezione arriva dal quotidiano La Stampa. La quinta proposta ha ad oggetto le tempistiche dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali. I contratti spesso rimangono senza rinnovo per anni così i lavoratori prestano la loro opera con contratti scaduti. Il governo intende inserire un meccanismo di premialità basato su sconti fiscali per le realtà tempestive nei rinnovi.

Quella della sinistra sul salario minimo è pura retorica. Al di là del merito della questione, c’è un punto politico che non può sfuggire: Partito democratico e Movimento 5 Stelle ora battono i pugni e si stracciano le vesti a favore della legge, ma in passato hanno guidato il Paese e per quale motivo non l’hanno messa nero su bianco loro? Eppure ne hanno avuto la possibilità. Lo slogan è indubbiamente efficace, ma dietro il nome da spot si nascondono insidie e pericoli. C’è infatti anche la sostanza delle cose che, secondo Massimo Cacciari, non va affatto trascurata.

Il filosofo, intervistato nel corso dell’ultima puntata di In Onda su La7, ha bocciato senza appello la proposta avanzata dalle opposizioni relativa all’introduzione del salario minimo. Una netta posizione contraria assunta e rivendicata senza ricorrere a mezzi termini, ma andando dritto al punto e sferzando in maniera precisa: ‘L’idea che la politica dei governi possa stabilire i livelli salariali è ridicola, patetica’.

Cacciari ha posto l’attenzione sul fatto che i livelli salariali sono stati stabiliti sulla base di contrattazioni tra organizzazioni dei lavoratori e datori di lavoro. “Laddove le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei lavoratori sono ridotte come sono ridotte attualmente, come si vuole stabilire un salario minimo?”, si è domandato. Inoltre ha sottolineato che i contratti nazionali hanno un valore puramente orientativo, aggiungendo che ‘tutto viene regolato a livello di rapporti di forza che da decenni sono squilibrati a favore del datore di lavoro’. Infine non è tardata ad arrivare l’ultima bordata sulla misura per cui ora certi partiti si stanno spendendo: ‘Di cosa stiamo parlando? I governi possono metterci una pezzetta minima’.

La linea di Cacciari è eloquente, così come è altrettanto chiara l’incoerenza della sinistra: per anni è stata al governo, non ha fatto una legge sul salario minimo e ora – magicamente – con grande veemenza pretende che il governo agisca in tal senso. Il fronte rosso è in tilt e dimentica un elemento importante: il salario minimo non è presente nel programma del centrodestra che il 25 settembre 2022 è stato premiato alle urne. Comunque l’esecutivo riconosce senza alcun dubbio il problema degli stipendi bassi, motivo per cui ha deciso di promuovere un confronto con le opposizioni su questo fronte.

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