Mes: il governo non cede al pressing europeo. Giorgia Meloni: ‘Importante  è cambiare il Patto di stabilità’

‘Non ha senso ratificare la riforma del Mes se non sai cosa prevede il nuovo Patto di stabilità’ Per comprendere le difficoltà emerse il 22 giugno, in commissione Esteri alla Camera bisogna ripartire da questa dichiarazione del premier Giorgia Meloni al Forum in Masseria un paio di settimane fa. L’Italia può accettare una Troika mascherata da ancora di salvataggio dei Paesi di Eurolandia più in difficoltà se e solo se la riforma del Patto consentirà a tutti di investire in quelle politiche che proprio l’Ue ritiene prioritarie come la transizione green. Ossia, se e solo se alcune tipologie di investimenti saranno esclusi dal computo del debito, dunque non solo verde e digitale ma anche la difesa. Questo tipo di ‘scambio’ è inoltre collegato a una valutazione positiva del progetto di modifica del Pnrr che l’Italia si accinge a presentare e che, come probabile, potrebbe prevedere uno spostamento di loans e grants concessi da NextGenEu ai programmi finanziati dai Fondi di coesione in modo da allungare la scadenza oltre il naturale termine del 2026, visti i pesanti ritardi accumulati. In quel caso, infatti, gli investimenti programmati rientrerebbero nella valutazione ‘normale’ della Commissione europea. Ed è proprio su questo punto che le due partite trovano un punto di convergenza. Tanto il Mes quanto le proposte di riforma del Patto di Stabilità si fondano su un’analisi di sostenibilità del debito pubblico. Un organismo tecnico, infatti, è chiamato a valutare, in un caso, la compatibilità delle politiche economiche con lo stato delle finanze e, dall’altro, a stabilire se l’accesso a un prestito di emergenza non sia meglio gestibile attraverso una ristrutturazione totale del debito pubblico stesso.

La struttura del Mes, il Fondo salva-Stati, è tale che concede le sue linee di credito ‘a condizionalità semplificata’ solo ai Paesi che hanno rispettato il 3% del deficit/Pil e sono sotto il 60% di debito/Pil nei due anni precedenti (o lo hanno ridotto di un ventesimo all’anno). Dunque, l’Italia non potrebbe mai accedervi. Per Roma sarebbero aperte solo le porte  delle linee di credito ‘a condizionalità rafforzata’, cioè l’Euro-Troika composta da Mes, Bce e Commissione in casa una volta richiesta l’assistenza con politiche di austerity annesse.

Il problema politico è che la riforma del Mes ne prevede l’utilizzo anche come sostegno al Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie e, come detto prima, con la modifica delle collective action clauses (Cac) consente la ristrutturazione del debito a maggioranza semplice dei creditori, ove la procedura si renda necessaria. Nell’attuale formulazione a maggioranza qualificata tale previsione non ha mai creato contraccolpi sugli spread. È vero, però, che sottrarre l’analisi alla politica per consegnarla ai tecnici potrebbe determinare problemi. Si tratta, dunque, di cercare una composizione in sede europea, portare a casa qualcosa di vantaggioso, dire sì e poi stare il più lontani possibile dallo stesso Mes.

‘Quel parere del capo di Gabinetto del ministro Giorgetti, che tesseva le lodi del Mes in un documento della segreteria, non ha nulla a che vedere con la posizione politica del ministro, che a quanto pare non ha nessuna intenzione di litigare con la Meloni e tantomeno di portare la stessa Lega su posizioni diverse da quelle di FdI e della sua stessa campagna elettorale. Niente Mes, e basta. Quella del ministero dell’Economia è un’opinione tecnica. Tecnicamente uno può fare i conti per quello che è il bilancio pubblico, poi politicamente tutto il centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è strumento utile per il Paese’, ha chiarito  il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini: ‘Ieri ero a pranzo con Giorgetti. Abbiamo parlato di questo è di tanto altro e siamo in perfetta sintonia. Quella del capo di gabinetto del Mef è’, rimarca ancora Salvini, ‘una risposta tecnica. Giorgetti è un politico, come lo sono io, e se arriverà in Parlamento lo voteremo in modo politico. In questo momento, io preferisco che il debito pubblico italiano sia in mano agli italiani, visto che il debito pubblico del mio Paese con cui faccio le metropolitane sia in mano ai risparmiatori italiani e non in altre mani. Io li preferisco a soggetti esteri che poi possono decidere cosa fare. Quindi, è la risposta tecnica, quando arriverà e se arriverà il voto in Parlamento la Lega voterà come ha sempre dichiarato’.

L’opposizione, però, non si rassegna: ‘Giorgia Meloni e Matteo Salvini, bloccando la ratifica del trattato Mes, stanno creando un danno al Paese. Il loro no al nuovo Mes indebolisce la nostra posizione in Europa e priva l’Italia di uno strumento utile per proteggere meglio i risparmiatori italiani in caso di crac bancari’, dice il senatore dem Antonio Misiani in un’intervista a Repubblica: ‘La nostra premier si illude di poter utilizzare la mancata ratifica del trattato Mes come arma di pressione verso i nostri partner europei su altri argomenti, dalla riforma del patto di stabilità e crescita alla revisione del Pnrr. Ma in realtà l’unico risultato che sta producendo questo giochino è bloccare l’entrata in vigore di uno strumento potenzialmente utile anche per noi e indebolire la credibilità dell’Italia di fronte’.

‘Le previsioni catastrofiche della sinistra sono state smentite, giorno dopo giorno. I dati parlano chiaro, la nostra economia cresce, il Pil è positivo, le imprese hanno ritrovato la forza di reagire, sono stati creati molti posti di lavoro. L’accoglienza che ha avuto Giorgia Meloni in ogni visita all’estero valorizza il ruolo del nostro Paese. tutt’altro che isolato, come invece sbandieravano Pd e compagni. Ora c’è un altro nodo da sciogliere, quello del Mes. In Europa cresce la pressione sull’Italia per ratificare la riforma. Sul fondo europeo Salva-Stati la posizione di FdI e del governo è chiara e non da oggi. Così come è stato concepito, il Mes è obsoleto, va corretto affinché diventi uno strumento effettivamente capace di rispondere alle esigenze delle diverse economie. Il presidente del Consiglio ha ribadito anche recentemente come la pensa. Ora Bruxelles torna in pressing con il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe che chiede ancora una volta di ‘andare avanti’. Ci sarà questa ratifica? E quando? Chiariamo due fatti’, precisa Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera: ‘La ratifica della riforma del Mes cade in un momento in cui la situazione economica internazionale è profondamente cambiata rispetto a quando la stessa venne approvata;  al punto da poterla ritenere fondatamente superata». Inoltre, puntualizza, ‘ratificare la riforma non vuol dire fare ricorso al Mes. È in corso una riflessione al governo, proprio perché il Mes appare come uno strumento obsoleto, pensato – come detto – per un’altra fase storica. In conclusione, appare più utile valutare strumenti più efficaci di sostegno agli Stati’.

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